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Provinciali. Urrà! Si rinnova il patto della ricotta con una cena ‘all’indiana’ a Mondragone. Peccato per la Provincia che Zannini non sia uno statista

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Il patto della ricotta, nonostante le indagini della magistratura, è vivo e lotta insieme a noi. Il patto della ricotta, per i pochi sprovveduti che ancora non lo sapessero, è quello che ha contraddistinto l’amministrazione provinciale in cui la premiata coppia Magliocca-Zannini ha brillato nella distribuzione di incarichi e prebende. Non è un mistero: più d’una sono le contestazioni della magistratura alle attività dell’amministrazione Magliocca-Zannini.

Dalle assunzioni pilotate in Provincia ai concorsi sospetti, dai contratti opachi ai favori elargiti a fedelissimi, sono molteplici i fascicoli che riguardano gli ultimi anni. E se le inchieste vanno avanti – lentamente ma inesorabilmente – è perché si sta monitorando anche quello che accade oggi, in un anno segnato dalle campagne elettorali, per le provinciali e per le regionali. Gli accordi che si stanno stringendo in queste ore nei retrobottega della politica provinciale sono tutt’altro che trasparenti, alla stregua di quanto già visto negli ultimi anni.

Detto questo, è anche arrivato il momento di dare a Cesare, quel che è di Cesare.

La modalità ‘mercato delle vacche’ si è attivata e il consigliere regionale ne è maestro indiscusso. Forte dell’esperienza degli ultimi anni, in cui ha promesso e concesso di tutto, ha deciso di continuare su questa strada. Il rischio che si tratti di un vicolo cieco non sembra sfiorarlo a giudicare dalle voci che arrivano da tutti e 104 comuni della Provincia. Una macchina delle promesse già vista in azione in passato e che gli ha permesso di balzare, nel giro di cinque anni, da poco meno di 2500 voti a superare i 24000 voti.

E’ vero, Zannini fino ad ora è stato sempre di parola. Ha interpretato il suo ruolo di consigliere regionale nel modo migliore per poter macinare consenso: promettere e concedere, vecchia formula da Prima Repubblica sempre valida, soprattutto se la concessione è a carico dei contribuenti. A questo sono serviti gli enti e i consorzi, veri e propri carrozzini per lo più inutili.

Zannini è inoltre riuscito a trasformare la sua segreteria, oltre che in un ufficio di collocamento, anche in un ufficio informazioni per i fondi regionali che vengono sparsi a pioggia tra i comuni della Campania (e questo sempre, a prescindere dal fatto che c’è San Giovanni Zannini da Mondragone insediato al Centro Direzionale). Informazioni preziose che hanno permesso ai sindaci ‘amici’ di sentirsi ancor più coccolati e foraggiati (ogni finanziamento è un appalto e ogni appalto significa creazione di posti di lavoro e lavori di riqualificazione che ai cittadini piacciono tanto).

Tutte queste promesse, è già chiaro che non si potranno mantenere. Da una parte sarà la magistratura a continuare il pressing e a stringere il cerchio attorno a Zannini prima delle elezioni regionali d’autunno. Dall’altra Zannini, quando anche tutte le indagini fossero archiviate e restasse immacolato, non potrà far salire tutti sul carro del vincitore altrimenti il carro rischierebbe di rompersi. Troppe promesse da mantenere per i posti limitati da occupare: da questo punta di vista, Zannini è una vera e propria bolla speculativa pronta ad esplodere.

In tutto questo foraggiare, accontentare ed informare, però, si deve prendere atto anche di una realtà più scoraggiante, per lo stesso Zannini. Una volta i politici potenti erano capaci di macinare consensi ma anche di lasciare la propria firma sul territorio a livello infrastrutturale, economico, sociale o culturale. Escluso che Zannini possa (o voglia) affermarsi e distinguersi nel campo culturale, c’è da dire che non esiste una azione politica degna di essere ricordata di questi ultimi 10 anni.

Giovanni Zannini non sarà ricordato per aver fatto costruire un porto turistico sul litorale domizio. Non sarà ricordato per aver fatto aprire l’aeroporto di Grazzanise. Non sarà ricordato per aver impresso una accelerata all’iter di costituzione del Parco Nazionale del Matese (tenuto a bagnomaria per anni tra difficolta burocratiche degne di un paese del terzo mondo). Non sarà ricordato per la bonifica dei Regi Lagni e delle altre aree inquinate della provincia. Non sarà ricordato per lo sviluppo industriale (le Zes sono una chimera). Non sarà ricordato per aver lottato contro lo spopolamento dei piccoli comuni. Non sarà ricordato neanche per aver fatto realizzare un raccordo stradale.

Questo perchè la politica della provincia di Caserta di questi ultimi anni, dominata da Giovanni Zannini (che sogna il bis con la candidatura di Anacleto Colombiano) è stata una politica fatta di accordi al ribasso. Mentre si sono premiati i singoli individui e i singoli Comuni (e questo, si potrebbe dire, è sempre successo) si è svenduto il futuro dell’intera provincia. In dieci anni, il territorio casertano è stato sacrificato a una logica di potere fondata su clientele, scambi e favori. Una politica perfettamente in linea con la politica salerno-centrica del governatore Vincenzo De Luca che vuole una provincia di Caserta debole, se non inesistente, per far brillare ancor di più la sua Salerno (come una luminaria a Natale).

Il patto della ricotta avrà anche un suo momento celebrativo che, come capita per i più Kitsch dei matrimoni indiani, si svolgerà addirittura in due serate. Il gran galà si terra a Mondragone, dove Giovanni Zannini ha organizzato una cena invitando, a due turni, tutta la corte dei miracoli fatta di sindaci, amministratori, imprenditori e sostenitori vari.

Ecco Giovanni Zannini, sarà ricordato per il patto della ricotta con cui si tenta di perpetrare un sistema politico che dovrebbe solo essere archiviato. Ma la sensazione è che l’aria stia cambiando: che l’impero costruito sulle spalle dei cittadini sia giunto alla sua fase terminale e che anche i tanti consiglieri comunali chiamati al voto non si faranno incantare dalle sirene di Zannini, anche per paura che possa trattarsi di altre sirene.

  
     
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