Bullismo: quando tua figlia è vittima e ti senti impotente — cosa devono fare davvero i genitori
CASERTA – Hai una figlia di 18 anni, o un figlio adolescente, che improvvisamente cambia: è triste, svogliato, evita la scuola, ha mal di pancia senza motivo, dorme poco, mangia meno. Ti sembra solo una fase, e invece potrebbe essere bullismo.
Il bullismo, specie tra i giovani, è un fenomeno subdolo e devastante. Non sempre lascia lividi, ma segna profondamente la mente. Può nascere ovunque — a scuola, in palestra, online — e spesso resta nascosto per paura o vergogna.
Come riconoscerlo
I segnali sono chiari, anche se spesso sottovalutati:
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Tristezza, stanchezza o paura ricorrenti;
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Chiusura, isolamento, rifiuto della scuola o delle attività sociali;
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Disturbi fisici come dolori addominali o mal di testa;
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Lividi inspiegabili o oggetti personali danneggiati;
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Insonnia, perdita di appetito, uso eccessivo o totale rifiuto dei social;
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Pensieri autolesionisti o suicidari.
Questi campanelli d’allarme meritano attenzione immediata. Non sempre si tratta di bullismo, ma non vanno mai ignorati.
Come parlarne
Se sospetti che tuo figlio o tua figlia sia vittima, la prima regola è non affrontarlo bruscamente. Evita frasi dirette come “Ti stanno prendendo di mira?” — rischieresti di farlo chiudere ancora di più.
Meglio osservare e riflettere:
“Ho notato che non parli più tanto di scuola.”
“Mi sembra che tu non stia bene ultimamente.”
Mostrare empatia è il primo passo per far capire al ragazzo che non è solo e che la famiglia è un porto sicuro.
Cosa non fare mai
Molti genitori, spinti dalla rabbia e dal senso d’impotenza, vogliono affrontare i bulli o i loro genitori. È comprensibile, ma pericoloso: spesso questo peggiora la situazione. Il bullo, sentendosi “smaccato”, reagisce con più violenza verso la vittima.
Cosa fare invece
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Coinvolgere adulti di riferimento – In palestra, l’allenatore; a scuola, gli insegnanti o il dirigente scolastico.
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Attivare i canali ufficiali – Ogni scuola oggi ha un referente per il bullismo e il cyberbullismo, e può richiedere l’intervento dei servizi sociali o degli psicologi scolastici.
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Non minimizzare mai – Anche ciò che “sembra uno scherzo” può essere un atto persecutorio.
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Chiedere aiuto professionale – Psicologi, centri antiviolenza o associazioni territoriali possono fornire supporto e strategie concrete.
Quando il bullismo diventa reato
Il bullismo non è solo un problema educativo, è anche una questione di legge.
Il Codice Penale prevede diversi articoli che possono essere applicati nei casi più gravi:
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Percosse (art. 581 c.p.)
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Lesioni personali (art. 582 c.p.)
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Diffamazione (art. 595 c.p.)
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Minacce e molestie (artt. 612 e 660 c.p.)
Nei casi estremi, la vittima — anche minorenne — può sporgere denuncia con l’assistenza di un genitore o di un tutore legale.
Un messaggio chiaro ai genitori
Il bullismo non è una “fase”, non è una “ragazzata”. È una violenza che può distruggere vite e famiglie.
Agire con calma, ascoltare senza giudicare e chiedere aiuto alle istituzioni è la vera forma di protezione.
Perché tra l’indifferenza e l’intervento, c’è di mezzo il coraggio di un genitore che sceglie di non voltarsi dall’altra parte
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