Altro che confronto programmatico: quello tra Nicola Caputo e Roberto Fico è ormai un ring a cielo aperto. Niente guantoni, niente arbitri: solo pugni politici in faccia e accuse che sanno più di sputi che di dichiarazioni ufficiali.
Caputo non le manda a dire e affonda come un coltello arrugginito:
«Il Presunto Candidato Presidente in Pectore non mi vedrà mai al suo tavolo delle meraviglie improvvisate. Che faccia pure la rivoluzione da bar sport, quella in cui un influencer gestisce i bilanci e un filosofo medievale risolve la disoccupazione. Io, a quel teatrino del moralismo travestito da competenza, non partecipo. Né oggi, né mai».
Un colpo secco, di quelli che lasciano il segno: il messaggio è chiaro, Fico viene dipinto come l’ennesimo apprendista stregone che confonde la Regione Campania con una sezione universitaria di filosofia politica o con un palco improvvisato di democrazia dal basso.
Caputo rincara: «Sei anni di lavoro agricolo non si spiegano in un briefing di due ore, tra convenevoli e sguardi persi. La complessità richiede ascolto, volontà e competenza. Tre parole che nel vocabolario grillino sembrano assenti».
Tradotto: Fico e i suoi sarebbero dilettanti allo sbaraglio, buoni giusto a giocare alla rivoluzione con i soliti slogan, senza avere la minima idea di cosa significhi governare.
Poi la stoccata finale, velenosa come un gancio al fegato:
«Io non mi presto a recitare nel teatrino dell’improvvisazione. Non l’ho mai fatto e non lo farò neanche oggi, quando vedo che c’è chi svende la propria storia in cambio di una poltrona».
Botte da orbi, insomma. Da un lato l’assessore che rivendica sudore, fiere agricole e modelli sostenibili; dall’altro il candidato governatore che parla di “rinnovamento” e “discontinuità” ma viene dipinto come il profeta del nulla, quello che vuole “cancellare” tutto solo per avere campo libero.
Uno scontro frontale, quasi personale, che sa tanto di resa dei conti: la politica campana non come progetto, ma come gladiatorio spettacolo dove chi perde non esce sconfitto — esce umiliato.
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