E così, dopo anni di indagini, faldoni, intercettazioni e sospetti, la maxi-inchiesta sui sei milioni di euro destinati all’integrazione dei migranti nel capoluogo casertano finisce… nel nulla. Archiviazione totale. Tutti assolti prima ancora di arrivare a processo. Fine della storia, tutti a casa, e chi s’è visto s’è visto…Kest’è !!!!
Il gip Orazio Rossi ha accolto in pieno la richiesta del pm Anna Ida Capone: nessuna prova, nessuna accusa sostenibile. Il che, tradotto, significa che l’intera costruzione investigativa della Procura di Santa Maria Capua Vetere era una cattedrale di sabbia: truffe aggravate, estorsioni, falsi, ipotesi di mala gestione tutto evaporato come nebbia al sole.
E adesso? Dopo anni di sospetti, articoli, chiacchiere e carriere politiche rovinate, ci si limita a un timbro di archiviazione.
Applausi, sipario, e che nessuno disturbi la quiete del Palazzo di Giustizia.
Ma resta una domanda, amara come la cicuta: che fiducia può avere un cittadino nella legge, se ogni inchiesta finisce così, in una bolla di sapone?
Perché nel frattempo, mentre la giustizia archivia, la politica non dimentica: qualcuno di questi nomi ieri sulla graticola oggi figura candidato, magari alle regionali o al comune. Viene da chiedersi se ormai serva un avviso di garanzia per fare curriculum politico.
Dal 2016 a oggi, otto anni di indagini, faldoni, audizioni, intercettazioni. Alla fine, zero reati, zero condanne. Solo tempo perso e reputazioni infangate. Ma il problema resta tutto: una giustizia che apre con clamore e chiude nel silenzio, lasciando dietro di sé solo disillusione e sfiducia.
Una volta si diceva: la giustizia è uguale per tutti. Oggi, più realisticamente, si può dire che è uguale a una lotteria: tanto rumore per nulla, e la certezza che, comunque vada, a pagare sarà sempre e solo chi non fa parte o non ha fatto parte del ‘cerchio magico‘.
Tra i destinatari del provvedimento figurano il 69enne di San Nicola la Strada Matteo Palmisani, responsabile del procedimento per il Comune di Caserta del progetto Sprar; Fabio Basile (55 anni, Caserta), legale rappresentante dell’Ats e presidente del Centro Sociale; Suor Rita Giaretta (69 anni, Roma), legale rappresentante della Congregazione Suore Orsoline e membro dell’Ats; Michelina Bruno (61 anni, Forino); Bruno D’Agostino (64 anni, Pozzuoli); e Pietro Losco (53 anni, Caserta), revisori dell’Ats “Progetto Sprar 2017-2019”.
Archiviazione anche per Massimo Cocciardo (55 anni, Casapulla) e Massimo Cocciardo (55 anni, Casapulla) e Claudia Campolattano (36 anni, Maddaloni), addetti alla rendicontazione; Giovanni Paolo Mosca (33 anni, Maddaloni), cassiere; Immacolata D’Amico (48 anni, Caserta), coordinatrice del progetto; Domenica D’Amico (49 anni, Caserta) e Vincenzo Fiano (39 anni, Caserta), responsabili dei rapporti con la politica dell’Ats; Federica Maria Crovella (35 anni, Caserta), responsabile delle strutture alloggiative del progetto; Virginia Anna Crovella (37 anni, Caserta), coordinatrice dei corsi di formazione e presidente dell’associazione “Caserta Città Viva”; Andrea Bartoli (41 anni, Milano), addetto agli alloggi e ai corsi di istruzione; Gian Luca Castaldi (46 anni, Caserta), rappresentante della Caritas diocesana; e Riccardo Russo (43 anni, Roma), del Servizio Centrale Sprar della Fondazione Cittalia.
Al casertano scurdariello rammentiamo l’origine dell’inchiesta
L’indagine prese avvio nel 2016, quando il Comune di Caserta pubblicò un avviso per individuare enti del terzo settore cui affidare la gestione dei progetti di accoglienza Sprar (oggi Siproimi). A presentarsi fu un’unica Associazione Temporanea di Scopo (Ats), costituita dal Comitato del Centro Sociale di Caserta (Ex Canapificio) e dalla Congregazione delle Suore Orsoline – Comunità Rut di Caserta (Casa Rut).
Secondo l’ipotesi iniziale della Procura, l’Ats avrebbe presentato documenti irregolari per ottenere il finanziamento ministeriale di circa 6 milioni di euro, fondi concessi dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (Fnpsa), gestito dal Ministero dell’Interno. L’obiettivo del progetto era favorire l’integrazione dei migranti richiedenti asilo attraverso corsi di lingua, formazione professionale e inserimento sociale e lavorativo.
Nel 2017, il Comune di Caserta procedette all’affidamento del progetto, ma le successive verifiche contabili e amministrative portarono all’apertura dell’inchiesta penale, che si è ora conclusa senza alcuna contestazione penale residua.
La decisione del giudice
Con il decreto di archiviazione firmato nei giorni scorsi, il giudice Rossi ha accolto integralmente la richiesta del pubblico ministero Capone, riconoscendo che non vi sono elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio.
Si chiude così una vicenda complessa che aveva gettato ombre su uno dei principali programmi di accoglienza e integrazione realizzati in Campania, restituendo piena serenità agli operatori del terzo settore e ai funzionari comunali coinvolti.
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