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Caso Vassallo :la giustizia fa un passo indietro, ma l’inchiesta prosegue

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C’è un’eco che rimbalza da Acciaroli fino a Caserta, e non si spegne nemmeno a distanza di 14 anni dall’omicidio di Angelo Vassallo, il “sindaco-pescatore” ucciso con nove colpi di pistola il 5 settembre 2010. Un delitto che resta impunito, ma che continua ad avvolgere nella nebbia anche chi, all’epoca, avrebbe dovuto indagare e proteggere.

Fabio Cagnazzo, colonnello dei Carabinieri originario di Aversa, arrestato otto mesi fa con l’accusa di essere parte del gruppo che avrebbe organizzato l’omicidio, è tornato in libertà lo scorso venerdì, su decisione del Tribunale del Riesame. Con lui sono stati scarcerati anche Giuseppe Cipriano, imprenditore, e Lazzaro Cioffi, ex brigadiere di Casagiove (quest’ultimo però resta detenuto per altri procedimenti). Ma la Procura di Salerno non arretra e chiede il rinvio a giudizio per tutti gli indagati, incluso Giovanni Cafiero, con l’accusa – grave e inquietante – di aver contribuito all’organizzazione dell’omicidio e al successivo depistaggio delle indagini.

Una tesi che gli indagati hanno sempre respinto con forza. Nessuno di loro è accusato di essere l’esecutore materiale del delitto – un volto ancora senza nome – ma ciò che inquieta è il sospetto che apparati dello Stato possano aver contribuito a insabbiare la verità.

L’inchiesta, già fragile, è stata messa sotto pressione dalla Corte di Cassazione, che ha annullato i provvedimenti cautelari per evidenti lacune: contraddizioni dei collaboratori di giustizia, elementi poco solidi, e motivazioni degli arresti giudicate insufficienti dagli ermellini.

E allora viene da chiedersi: com’è possibile che, a 14 anni dal delitto, la verità sia ancora così sfuggente? Qual è il prezzo che la società civile paga quando anche chi indossa una divisa finisce indagato in un omicidio eccellente? C’è stato un depistaggio sistemico? E chi ha tratto beneficio dal silenzio che ha seguito la morte di Vassallo?

L’udienza preliminare per valutare la richiesta di rinvio a giudizio è ancora da fissare. Nel frattempo, le motivazioni del Riesame saranno decisive per comprendere se lo Stato ha agito con giustizia o se, ancora una volta, si è limitato a galleggiare tra dubbi, reticenze e verità mutilate.

Una cosa, però, è certa: Angelo Vassallo è morto mentre cercava di difendere la sua terra da un presunto traffico di droga che metteva radici nel Cilento. E mentre le istituzioni tergiversano, la sua memoria resta l’unico appiglio per chi continua a chiedere giustizia.

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