LA NUOVA GENERAZIONE? SEMBRA DI NO: TRA LAPUS, MITI COMUNISTI E STORIE DIMENTICATE
Qualche giorno fa, al congresso dei Giovani Democratici, la neo-segretaria Virginia Libero è inciampata in un lapsus: cita il partito comunista, poi si corregge e dice partito democratico. Succede — l’emozione, la platea, l’agitazione. E sì: ai giovani di sinistra può ancora affiorare, sulla lingua, il fantasma dell’ideologia che fu. L’importante è rimettersi subito in carreggiata, come ha fatto lei.
In teoria, almeno.
Perché se è fondamentale che i giovani di destra prendano le distanze dal fascismo, è altrettanto necessario che i giovani riformisti smettano di mitizzare il comunismo, trattandolo come un atto fondativo romantico invece che per quello che è stato:
un’ideologia illiberale, autoritaria, incompatibile con il mondo moderno.
Giusto?
Macché. Per molti, purtroppo, no.
Ed è proprio il congresso dei Giovani Democratici a dimostrarlo in maniera plastica. Per ogni Virginia Libero che almeno evita di citare esplicitamente il comunismo, ce ne sono a decine che lo esaltano senza pudore, che lo rivendicano come radice nobile, che lo indicano addirittura come bussola per il futuro.
Il caso più clamoroso? Jacopo Augenti, segretario dei Giovani Democratici di Roma.
Durante il suo intervento congressuale — che poi ha pubblicato con orgoglio su Instagram — lancia slogan che sembrano usciti da un manuale del 1975:
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“Bisogna tenere vivo il fuoco della rivoluzione che ha acceso un secolo.”
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“Dobbiamo essere leali alla storia del comunismo italiano che ci ha liberato dal fascismo e dal nazismo.”
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“Dobbiamo rivendicare un comunismo democratico.”
Da dove cominciare?
Forse dal fatto che quel “fuoco della rivoluzione” ha bruciato milioni di vite. È un dato storico, non un’opinione.
Poi, la favola della Resistenza “solo comunista”: una riscrittura della realtà che fa accapponare la pelle.
La Resistenza fu pluralissima: monarchici, liberali, cattolici, perfino uomini di destra. Il comunismo italiano non liberò l’Italia da solo — e dentro la sua visione c’era ben altro che la lotta al fascismo: c’era la fedeltà all’URSS, un regime feroce quanto quello che si combatteva.
E già che si parla di memoria selettiva:
perché Jacopo Augenti non ha citato anche Togliatti e il suo invito agli istriani molti dei quali sarebbero stati poi infoibati ad accogliere Tito come “liberatore”?
Quella parte di storia non ispira slogan?
Infine, l’apice: “comunismo democratico”.
Un ossimoro così grande da far crollare qualunque gentiluomo, per dirla con Jep Gambardella.
Un sistema che appiattisce società, desideri, individui non può essere democratico per definizione: sostituisce la libertà con l’uguaglianza imposta, l’equità con l’uniformità forzata.
È questa la verità che certa sinistra non ha mai avuto il coraggio di affrontare.
La conclusione per noi è semplice
Il congresso dei Giovani Democratici ha dimostrato che una parte della nuova generazione progressista continua a non fare i conti con la Storia.
Continua a venerare un mito ideologico che, nel mondo reale, ha prodotto tragedie, non emancipazione.
Continua a confondere la democrazia con il nostalgismo.
E questo, per un partito che dovrebbe guardare al futuro, è di una tristezza infinita.














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