La sagra del servilismo (edizione elettorale 2025)
Non si può negare: dire basta a un certo modo di fare politica, oggi, è diventato un atto di vero coraggio. Guerriero lo ha fatto — e lo sta facendo coerentemente alzando la voce contro una macchina elettorale che da anni macina consensi con gli stessi vecchi trucchi, spesso ai limiti (e oltre) della legalità.
Anche stavolta, lo spettacolo delle regionali non delude: la solita compagnia di giro. Da un lato, la peggiore politica — quella della sudditanza e della fedeltà cieca, delle deleghe in bianco, dei baciamani e dei baciapile.
La politica del favore spacciato per diritto, dei posti promessi, dei “ti faccio sapere” sussurrati tra un comizio e una messa.
La politica del mangime gettato a galletti e galline da un fattore mazzonaro che tutto dispone, tutto decide, tutto distribuisce.
E come se non bastasse, ecco la scena epica l’abbiamo registrata allorquando il presidente della Provincia, Anacleto Colombiano, che si dichiara onorato di essere definito una pecora. Sì, una pecora. Perché — testuali parole — esserlo di fronte a “cotanto pastore” sarebbe un privilegio.
Un’affermazione che basterebbe da sola a spiegare come siamo finiti in questo pantano: quando l’obbedienza cieca diventa virtù e l’adulazione un titolo d’onore, i cittadini non contano più, diventano comparse in una messa in scena indegna.
Guerriero ha detto no. E quel “no”, in questa terra di pecore e pastori improvvisati, vale più di mille promesse.












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