Questo caso è davvero emblematico di come un reato apparentemente “minore”, come il furto d’acqua, possa avere conseguenze molto più ampie quando colpisce un bene culturale di rilievo internazionale come la Reggia di Caserta. L’indagine, partita per capire perché le vasche e le fontane del parco borbonico fossero a secco, ha portato alla scoperta di un allaccio abusivo che sottraeva acqua pubblica per irrigare terreni privati.
Oltre al furto aggravato e continuato di acqua — che già di per sé costituisce un danno per la collettività — l’imprenditore dovrà rispondere di reati ben più gravi: il danneggiamento di un bene culturale dichiarato patrimonio dell’Unesco, l’invasione di terreni o edifici dello Stato e la gestione illecita di rifiuti agricoli. Reati che comportano pene severe, anche perché colpiscono un patrimonio storico, artistico e paesaggistico di inestimabile valore.
Un episodio del genere dimostra quanto sia importante vigilare sulla tutela dei beni culturali, ma anche sull’utilizzo corretto delle risorse naturali. E fa riflettere su quanto possa essere diffusa l’illegalità nel settore agricolo, soprattutto quando si tratta di risorse come l’acqua, sempre più preziose.
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