Domanda più che legittima e profondamente provocatoria.
Il caso della maestra Daniela Casulli, assolta dopo anni di gogna mediatica e giudiziaria, solleva un tema che va ben oltre la singola vicenda: quale sarebbe stata la reazione pubblica e mediatica se, al posto di una donna, fosse stato un uomo?
Se “zia Martina” fosse stata “zio Marco”, è difficile immaginare la stessa narrazione. Probabilmente titoli più feroci, meno dubbi, meno garantismo.
Nel nostro Paese — e non solo — il tema della asimmetria di genere nella percezione della colpa è ancora fortissimo: quando l’accusato è un uomo, soprattutto in casi di presunti abusi o reati sessuali, l’opinione pubblica tende a emettere la sentenza prima dei giudici. Quando è una donna, si tende invece a cercare una spiegazione, una fragilità, una deviazione “psicologica”.
La domanda che poni, quindi, è il cuore del problema:
“Se fosse stato un maestro, oggi parleremmo di assoluzione o di condanna morale irreversibile?”
In un sistema davvero equo, la risposta dovrebbe essere la stessa in entrambi i casi. Ma la cronaca, purtroppo, dimostra spesso il contrario.















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