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Cassazione: non è reato il gioco delle tre carte

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Il gioco delle tre carte non può essere considerato una truffa. Per la Cassazione il raggiro è frutto dell’estrema abilità del banco, quindi chi gioca accetta il rischio di perdere. Attenzione giocatori, la Corte di Cassazione ha stabilito che il gioco delle tre carte non è una truffa, quindi in caso di perdita – che è quasi certa – non si potrà denunciare il banco. La decisione potrebbe sembrare bizzarra, ma in realtà le motivazioni dei giudici sono convincenti e ben argomentate: il gioco delle tre carte è così noto che è impossibile che i giocatori non siano a conoscenza dell’estrema abilità di chi muove le carte, di conseguenza chi partecipa accetta il rischio di una possibile perdita.

In altre parole, l’estrema destrezza del banco non può essere considerata legalmente una truffa, ex articolo 640 del Codice penale, a meno che la parte danneggiata non provi anche la frode del banco.

Altro elemento di rilievo è che il banco induca a credere – tramite complici – che indovinare la carta giusta non sia un’operazione impossibile. Anche qui la Cassazione ritiene che non ci sia alcun illecito perché la scelta di giocare e puntare del denaro è sempre rimessa ai giocatori, anche se spinti a sopravvalutare la propria prontezza di riflessi. Impossibile contare in quanti siano caduti nella trappola del gioco delle tre carte, uno dei trucchi più famosi del mondo. Ora sulla questione si è espressa anche la Corte di Cassazione con una sentenza che farà sicuramente discutere: il gioco delle tre carte è lecito e non è possibile denunciare per truffa il banco.

La sentenza è la numero 48158/2019 e si riferisce precisamente al gioco delle tre campanelle, una delle tante varianti di quello delle tre carte. Il meccanismo è lo stesso: sul banco ci sono tre campanelle e il giocatore deve individuare quale delle tre ha al suo interno un piccolo oggetto. Per i giudici della Corte Suprema non vi è alcun raggiro ma solamente l’estrema abilità del banco, abilità per altro nota a chiunque. Quindi mancano gli elementi del reato di truffa dell’articolo 640 del Codice penale, ovvero gli “artifizi o raggiri” del truffatore poiché quella del banco è solamente una spiccata abilità manuale dovuta all’esercizio.

I giudici ritengono che non sia reato nemmeno l’intenzione di far sembrare il gioco più semplice di quanto in realtà non sia: è cosa nota che intorno al banco vi siano dei complici che riescono a risolvere facilmente il gioco, vincendo senza troppi problemi. Secondo gli ermellini non è truffa far pensare ai giocatori di avere un’abilità tale da poter vincere, anche perché la scelta finale di puntare dei soldi e mettersi alla prova è sempre e comunque rimessa alla libertà del giocatore, che non è in alcun modo obbligato a partecipare.

In altre parole, non è legittimo dare per scontato che a monte ci sia un raggiro; quindi se il perdente vuole denunciare il banco per truffa dovrà anche fornire gli elementi di prova necessari a dimostrare la frode; l’incredibile destrezza e abilità del banco non bastano a configurare la fattispecie di reato e nemmeno l’indotta sovrastima della propria prontezza di riflessi.

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