
Mohamed Kamel Khemiri, tunisino di 44 anni ex custode della moschea di San Marcellino, ritenuto un simpatizzante dell’Isis, per cui avrebbe fatto propaganda via social alla ricerca di nuovi adepti è stato condannato da Corte d’Assise d’Appello di Napoli.
Mohamed Kamel Khemiri fu arrestato dai carabinieri del Ros nell’agosto 2016.
Per gli inquirenti il tunisino, che viveva nell’appartamento sopra la Moschea di San Marcellino e che qualche conoscente e amico chiamava «Bin Laden», oltre ad essere a capo di un gruppo che per l’accusa forniva a stranieri permessi di soggiorno con documenti falsi (per questa accusa è già stato condannato nel marzo 2017 a 2 anni e 8 mesi, ndr), facendosi pagare 600 euro a pratica.
L’uomo era sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori per i suoi possibili rapporti con l’Isis di cui “applaudiva le imprese” gioiendo sui social network, tra felicità per gli attentati di Parigi e foto di vessilli neri dei terroristi.
Una “leggerezza” che lo avrebbe tradito.
“Sono Isissiano finché vivrò e se morirò vi esorto a farne parte” ha affermato Khemiri: una frase intercettata il 26 gennaio 2015.
L’uomo era guardiano di una moschea a San Marcellino ma, soprattutto, è ritenuto dal Ros dei Carabinieri il capo di un gruppo di 8 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alla falsificazione di documenti.
L’operazione che ha portato in cella il jihadista Khemiri prende il nome di Haraga.
“HARAGA”: LA STRUTTURA SGOMINATA CON A CAPO LO JIHADISTA KHEMIRI
Mohamed Kamel Eddine Khemiri era già attenzionato da tempo per le sue simpatie col sedicente Stato Islamico (Repubblica oggi scrive che una prima richiesta d’arresto nei confronti dell’uomo sarebbe stata rigettata nei mesi scorsi dalla Procura di Napoli).
Insieme ad altri stranieri nordafricani avrebbe messo in piedi nel casertano un gruppo che avrebbe permesso ad altri di ottenere la permanenza sul suolo italiano.
In che modo? In cambio di soldi: i titolari di alcune aziende tessili della zona casertana producevano false buste paga e falsi contratti di lavoro.
Tutto il necessario, dunque, per ottenere il tanto agognato permesso di soggiorno.
Le indagini che hanno portato all’operazione di venerdì mattina sono state coordinate dalla procura di Santa Maria Capua Vetere, diretta da Maria Antonietta Troncone e dall’aggiunto Antonio D’Amato, e sono state svolte dai carabinieri del Ros di Caserta, guidato dal capitano Francesco Cardetta.
La posizione dello jihadista Khemiri è chiaramente diversa da quella degli altri arrestati.
Dovrà rispondere dell’accusa (formulata dalla Procura Distrettuale Antiterrorismo di Napoli) di attività eversiva.
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