CASERTA – Mauro Felicori è un uomo imponente, vestito e pettinato con distrazione, che si muove nei grandi spazi della Reggia di Caserta come se ci fosse sempre vissuto. Anzi, come se fosse la reincarnazione postmoderna di un principe Borbone tornato nel palazzo avito per rimettere le cose a posto.
Invece è qui soltanto dall’8 ottobre del 2015, trapiantato dalla sua Bologna, dove ha passato la vita come dirigente del Comune occupandosi di cultura e cimiteri. Ma in questi anni ha già sconvolto l’inerzia di un luogo addormentato nel suo splendore. Ha riorganizzato l’organico e distribuito nuovi compiti; ha accompagnato uno per uno gli abusivi e le loro bancarelle fuori dal grande atrio di Vanvitelli; ha potenziato la comunicazione scrivendo personalmente ogni giorno su Facebook, lanciando le novità su Twitter e diffondendo le immagini della Reggia su Instagram; ha attirato nuovi visitatori fino a veder raddoppiare gli incassi dell’ultimo mese; ha esplorato le terre vicine con l’intento di dar vita a una rete museale del Sud.
Lavorando a tutto questo senza badare ai propri orari (e senza toccare quelli del personale) ha suscitato la reazione di qualche sindacalista che ha scritto per lamentarsene al Ministero dei Beni culturali. È così finito sotto i riflettori di un Paese stordito dalla perdita delle vecchie certezze e alla ricerca di un nuovo equilibrio tra diritti e doveri. Quasi incarnasse il primo esemplare antropologico di un futuro ancora inesplorato. Ora Renzi lo vuole candidato alle politiche, un’ inciucio che non è più, ora è reale.
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