Nel 2004, gli italiani furono chiamati per la prima volta a celebrare il «Giorno del Ricordo», in memoria dei quasi ventimila nostri fratelli torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della seconda guerra mondiale.
La memoria delle vittime delle foibe e degli italiani costretti all’esodo dalle ex province italiane della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia è un tema che ancora divide. Eppure quelle persone meritano, esigono di essere ricordate.
Ferme e chiare le parole del Capo dello Stato: “Non si trattò come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare, di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni. Tanti innocenti colpevoli solo di essere italiani”.
Celebrare la giornata del ricordo, ha continuato il Presidente Mattarella “significa rivivere una grande tragedia italiana vissuta allo snodo del passaggio tra la II guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente”. Anche il presidente del movimento Caserta Kest’è, dott. Ciro Guerriero ha voluto ricordare le vittime delle Foibe:
“In questo Giorno dedicato al Ricordo rendiamo omaggio alle vittime “delle foibe, dell’esodo (dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati: ndr) e della più complessiva vicenda del confine orientale” del nostro Paese, insieme al riconoscimento delle ingiustizie subite, del dolore vissuto dai superstiti e dai loro discendenti, dopo una fase – va riconosciuto – di amaro oblio della verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, per calcoli diplomatici e convenienze internazionali, sia pur senza prescindere da una visione complessiva di quel tragico periodo storico, segnato dagli opposti totalitarismi.
Perché fu la piaga dei nazionalismi, la gretta visione particolare, il disprezzo dell’”altro” a precipitare il nostro continente nella barbarie della guerra. Così come è grazie alla cultura della pace e dell’operosa convivenza civile che oggi l’Europa, unita e finalmente consapevole degli elementi che la uniscono, è riuscita a prosperare come nessun’altra regione al mondo.
Eppure ancora pochi anni fa questa stessa Europa ha visto i Paesi dei Balcani divenire ancora teatro di conflitti sanguinosi e laceranti.
Dunque, il Giorno del Ricordo, così come quello della Memoria, siano un monito alle nostre coscienze: se il dialogo non prevarrà sul pregiudizio, se lo spirito di fratellanza non prevarrà su quello della discordia, vi è sempre il rischio che i valori acquisiti della libertà, della democrazia e della giustizia possano ancora essere violati.
Per questo, oltre l’ufficialità delle celebrazioni, dimostriamo nei fatti che il dolore di tanti non è stato sprecato e, nel rispetto della verità storica di ciascuna di queste tragedie, dimostriamo di voler contribuire allo sviluppo di rapporti di comprensione reciproca e feconda collaborazione con i paesi e i popoli della grande Famiglia Europea.“
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