Grecia, l’inchiesta shock di ‘Essere Animali’ negli allevamenti ittici

Sagiada è una piccola cittadina greca, a nord di Igoumenitsa, vicino al confine con l’Albania. Mare blu e spiagge bianche. La sosta perfetta per una vacanza «on the road», fuori dalle mete classiche. Affacciandosi dagli scogli e guardando verso il mare, però, è impossibile non vederli. Decine di recinti rotondi, piccole vasche che punteggiano il…

Sagiada è una piccola cittadina greca, a nord di Igoumenitsa, vicino al confine con l’Albania. Mare blu e spiagge bianche. La sosta perfetta per una vacanza «on the road», fuori dalle mete classiche. Affacciandosi dagli scogli e guardando verso il mare, però, è impossibile non vederli. Decine di recinti rotondi, piccole vasche che punteggiano il turchese dell’acqua. Sono allevamenti. Di branzini e orate. In un tratto di costa di soli 18 km ci sono 26 impianti. In ognuno vivono insieme decine – in alcuni casi centinaia – di migliaia di pesci. Nelle gabbie galleggianti parlare di «sovraffollamento» è quasi riduttivo. I pesci, chiusi tutti insieme in pochi metri quadrati, passano tutto il tempo a nuotare in cerchio. Possono rimanere così per anni. «Le strutture possono raccogliere massimo 40 tonnellate di animali, circa 50-60 mila pesci che vivono insieme – dice uno dei responsabili di uno degli allevamenti – Alcuni stanno in questo dal 2015». «In Italia più della metà delle importazioni di branzino e orata proviene dalla Grecia – spiegano da Essere Animali, l’associazione che (grazie a telecamere nascoste) è entrata in questi stabilimenti e ora ha diffuso un‘inchiesta intitolata Rinchiusi in mare aperto (qui il video).Solo nel 2016 sono state importate circa 64mila tonnellate di queste due specie, di cui quasi 40mila direttamente dagli allevamenti ellenici. In sintesi: un branzino o un’orata su due in vendita nelle pescherie e nei supermercati italiani arriva da qui. Il pesce che proviene da questa zona viene venduto a metà del prezzo di quello allevato in Italia – spiegano ancora – Le gabbie in mare, infatti, sono collocate a ridosso della spiaggia, consentendo di ammortizzare sui costi di manutenzione.».

Branzini e orate sono pesci carnivori. Vengono nutriti con mangimi ad alto contenuto di farina e olio di pesce. Ingredienti che provengono dalla pesca del pesce selvatico. «Per fare 1 kg di pesce devi dargli da mangiare almeno 2 kg di mangime prodotto col pesce selvatico», spiega ancora uno degli allevatori. Insieme ai mangimi, ai pesci vengono dati – con regolarità – anche farmaci antibiotici e antiparassitari. «Li diamo a tutti – spiega l’allevatore nel video di Essere Animali – Se ho una malattia qui – continua – e tu sei a 500 metri più in la, tempo due o tre giorni e anche tu hai la malattia».

«L’uccisione è indubbiamente il momento in cui i pesci sono soggetti alle pratiche più dolorose e disumane – sottolineano da Essere Animali – Abbiamo assistito alla cattura di branzini e orate che, impauriti, si dimenano nell’acqua e tentano di fuggire. Ammassati gli uni sugli altri all’interno di reti, in assenza di acqua boccheggiano e vengono schiacciati dal peso degli altri pesci intrappolati. In tutte le strutture visitate i pesci vengono gettati, ancora vivi, in contenitori ricolmi di acqua e ghiaccio, dove si contorcono in un’agonia interminabile. Infatti, la perdita di coscienza non è immediata e soffrono per decine di minuti prima di morire di congelamento e asfissia». Secondo l’ultimo rapporto Fao, nel 2016 la produzione mondiale di pesce ha raggiunto il picco di 171 milioni di tonnellate, di cui 90,9 milioni di catture (73 milioni destinati al consumo umano diretto) e 80 milioni in acquacoltura. Questo significa che l’acquacoltura ha superato la pesca come principale fonte di approvvigionamento di risorse ittiche destinate al consumo umano diretto, rappresentando il 53% della produzione globale di pesce.

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