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I contratti che nascondono lavoro di dipendenza, periodo di prova da considerarsi illegittimo

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Democrazia liberale dott Maria Suciu In base alla disciplina abrogata dal d.lgs. 81/2015, il contratto di collaborazione a progetto poteva essere sottoscritto fra le parti in tutti i casi in cui era reale e manifesta la volontà:
da parte del datore di lavoro di reclutare personale da adibire ad attività di collaborazione coordinata e continuativa da parte del lavoratore di prestare la propria attività con modalità non di lavoro subordinato.
Era importante, quindi, che il contratto fosse effettivamente riconducibile all’area del lavoro cd. parasubordinato e non nascondesse un normale contratto di lavoro dipendente (subordinato), dal quale si distingueva in maniera sostanziale in relazione ad alcuni indicatori.
Se il lavoro a progetto nascondeva un rapporto di dipendenza, il lavoratore poteva porre in atto una azione di tutela in sede giudiziaria.
La legge prevedeva che il contratto a progetto dovesse contenere alcuni elementi formali e dovesse essere redatto in forma scritta, senza la quale vi era la trasformazione in rapporto di lavoro subordinato.
Inoltre l’eventuale previsione di un periodo di prova era da considerarsi illegittima.
Il contratto doveva altresì riportare il riferimento all’oggetto del progetto e alle sue fasi di realizzazione e, secondo quanto previsto dalla legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, doveva indicare il risultato finale che si intendeva conseguire.
Tale obbligo formale era ricollegato a determinate conseguenze che sono illustrate nella scheda di approfondimento.
E’ importante considerare che, in relazione all’obbligo di riconduzione del contratto al progetto o a fasi di esso, era esclusa la possibilità che al lavoratore venisse imposto di svolgere mansioni estranee a quelle previste dal progetto. Inoltre il corrispettivo economico doveva essere definito in maniera congrua, facendo riferimento a specifici indicatori, modificati dal legislatore attraverso la legge 92/2012.
Prima dell’entrata in vigore della legge 92/2012, la legge prevedeva che il contratto si risolvesse automaticamente alla scadenza indicata; il contratto poteva quindi essere interrotto prima della scadenza solo in presenza di motivazioni particolarmente gravi, al di fuori delle quali potrebbe essere previsto un
risarcimento a carico della parte che determina l’interruzione.
A seguito della riforma del 2012, invece, ciascuna delle due parti poteva recedere dal rapporto prima della scadenza solo in presenza di una giusta causa. Erano inoltre previste due ipotesi specifiche di recesso, rispettivamente a favore del committente (inidoneità professionale del collaboratore tale da rendere
impossibile la realizzazione del progetto) e del collaboratore (che poteva recedere, salvo preavviso, quando tale facoltà era prevista dal contratto individuale).
Per i lavoratori a progetto erano previste forme di tutela in caso di malattia o maternità.
Il lavoratore a progetto, come qualsiasi altro lavoratore, era sottoposto all’obbligo di riservatezza e fedeltà.
Trattandosi di una prestazione di lavoro parasubordinato, come tale riconducibile all’area del lavoro autonomo, la legge stabiliva limitazioni al potere direttivo e di coordinamento del datore di lavoro.
La normativa sul contratto a progetto indicava specificamente come questa non si applicasse ad alcunecategorie di collaboratori (vedi infra).

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