“Un Paese in cui un padre povero rischia il carcere per non mantenere figlie adulte fuori corso è un Paese da rifondare, non da governare”
Una sentenza che lascia interdetti e che solleva interrogativi non solo giuridici ma soprattutto umani e sociali.
A Santa Maria Capua Vetere, un giudice penale ha condannato un padre disoccupato, privo di reddito stabile e sopravvivente con il solo sostegno dell’ADI (Assegno di Inclusione), a versare il mantenimento, per le sue due figlie di 24 e 26 anni, entrambe da tempo fuori corso universitario che hanno deciso di rompere ogni rapporto umano con il proprio padre. Non per colpa di violenze, abbandono o disinteresse, ma perché l’uomo – disoccupato e senza reddito – non è riuscito più a versare il mantenimento imposto dal tribunale.
Una condanna penale, un rischio concreto di reclusione. E ora anche l’umiliazione più dolorosa: l’essere rifiutato come genitore.
Una decisione sconcertante, che sembra ignorare tanto la reale condizione economica dell’uomo quanto il principio di proporzionalità e ragionevolezza. Peggio ancora, il rischio per l’uomo è la reclusione, trattandosi di una condanna penale per inadempimento dell’obbligo di assistenza familiare.
Le figlie, secondo quanto emerge, sembrano essere state strumentalizzate in un contesto familiare teso e compromesso, influenzate pesantemente dalla madre,( avvocato), e impegnate dopo averlo ‘ripulito’ dei suoi beni e la casa, più a sostenere un contenzioso legale che un percorso di autonomia e crescita personale.
“Viviamo in una società dove si criminalizza la miseria, si condanna chi non può, e si permette che i figli taglino i legami affettivi come se fossero rapporti commerciali.” ha detto l’imputato.
“Non si può chiedere l’impossibile, né punire la povertà”, dichiara l’avv. dell’imputato
“La giustizia non può diventare lo strumento per regolare conti personali o trasformarsi in una macchina cieca che ignora il contesto. In un momento in cui lo Stato stenta a garantire la sopravvivenza ai suoi cittadini più fragili, chiedere a un padre indigente di mantenere due adulte fuori corso significa criminalizzare la miseria.”
La questione solleva un tema più ampio: la riforma del diritto di famiglia e del diritto penale in materia di obblighi assistenziali. Non è più accettabile che padri nullatenenti vengano processati come delinquenti solo perché non possono sostenere economicamente figli adulti che, in molti casi, non compiono alcuno sforzo per rendersi indipendenti.
“Serve una politica che tuteli davvero chi è in difficoltà, che protegga i diritti senza sacrificare le persone. A partire da una giustizia più giusta, meno burocratica, più aderente alla realtà”, conclude l’avvocato che ha sostenuto il padre disoccupato, che ha annunciato l’appello alla sentenza emanata.
Nel frattempo, un uomo fragile, senza lavoro e senza protezioni, rischia il carcere. Non per aver commesso un crimine, ma per non aver potuto fare ciò che gli era umanamente impossibile.
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