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San Nicola La Strada:Operaio Cade Dall’Impalcatura-Incidenti E Morti Bianche In Aumento

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CASERTA- Questo pomeriggio, a San Nicola la Strada,in un’azienda di via Appia Antica, in zona di Ponteselice , un operaio di 56 anni è caduto da un impalcatura, durante i lavori per la ditta di prefabbricati, per la quale lavora. 

I sanitari del 118 sono stati avvisati dai colleghi del 56enne che è stato immediatamente soccorso e porta all’Ospedale.                                                                 

In Italia negli ultimi mesi si è assistito a un aumento degli incidenti sul lavoro.

Gli incidenti e le morti bianche sono ormai in costante aumento nel nostro Paese e si deve parlare di vera e propria emergenza.

Perché il lavoro è diventato precario e sui precari non si fa formazione.

Perché anche quando si fa, la formazione troppo spesso resta sulla carta e corsi veri non ci sono.

Perché le aziende, dopo anni di crisi, hanno ricominciato a produrre su macchine e impianti vecchi e non hanno soldi da investire nella sicurezza.

Perché gli ispettori sono pochi e la probabilità per un’impresa di essere controllata è infinitesimale.                         

I risultati del rapporto annuale Anmil, l’associazione degli invalidi del lavoro, lancia l’allarme sugli effetti collaterali della ripresa economica: il Pil, il prodotto interno lordo che misura la ricchezza del paese, è cresciuto dell’1,5 per cento nel 2017 e il numero di occupati ha superato 23 milioni di unità, soglia sorpassata solo nel 2008, «ma la manodopera è diventata precaria e quindi non adeguatamente formata», spiega Franco Bettoni, presidente dell’associazione, che aggiunge: «La crescita occupazionale, infatti, si è avuta sui lavoratori a termine, più 605 mila unità, a scapito del lavoro a tempo indeterminato, che cala di 117 mila.

La formazione è l’unica arma per far arretrare le stragi in fabbrica, ma il mercato del lavoro è diventato instabile e quindi i giovani non vengono adeguatamente formati. Sono loro i più a rischio ed è per questo che la sicurezza dovrebbe essere insegnata nelle scuole»

Poi c’è l’invecchiamento delle macchine, segnalato dall’Ucimu, l’associazione dei costruttori di macchinari, alla Camera dei Deputati nel 2016 con un report sull’età degli impianti installati nelle aziende italiane: «Il parco macchine è molto più vecchio di quello di dieci anni fa e l’età media è la più alta mai registrata da 40 anni a questa parte», avvertiva il report. 

Un’altro problema è che due aziende su tre, sono irregolari, come risulta dai 190 mila controlli effettuati nel 2017 da parte dell’ispettorato del lavoro.

A controllare 4,4 milioni di imprese italiane ci sono 3.500 persone, di cui 2.800 ispettori delle Asl, più 300 funzionari del ministero del Lavoro che intervengono per lo più nel settore edile, e altri 400 carabinieri. Quindi il 97 per cento delle aziende potrebbe anche non essere mai controllata. Ecco perché per l’imprenditore è più importante riempire qualche modulo – per essere in ordine con la burocrazia -, anziché verificare la presenza di sistemi di protezione contro le cadute.Perché non solo la probabilità di un controllo è remota, ma il sistema italiano di prevenzione è talmente frammentato da rendere complessa qualsiasi verifica: il ponteggio è collaudato dall’ispettore del lavoro, i montacarichi dall’Ispels, istituto per la prevenzione, mentre l’Asl si occupa della verifica dell’ascensore dell’ufficio e il ministero dello Sviluppo economico verifica la regolarità delle miniere, mentre le Regioni entrano in scena nel settore dell’industria estrattiva di seconda categoria. Poi ci sono i vigili del fuoco con l’occhio puntato sulle norme anti-incendio. 

Lo Stato investe sempre meno in controlli e prevenzione e, a causa del blocco delle assunzioni, gli ispettori delle Asl sono passati da cinquemila nel 2008 a meno della metà. Inoltre quasi nessuna Regione raggiunge la quota del cinque per cento di spesa che per legge dovrebbe essere destinata alla prevenzione negli ambienti di vita e lavoro. In Lombardia, ad esempio, si spende circa il 3,7 per cento.

L’83 per cento degli incidenti si verifica in piccole e medie aziende, dove si investe meno sulla prevenzione. «Manca la cultura», Luca Nieri della Fim Cisl di Bergamo racconta che i piccoli imprenditori sono convinti di risparmiare rimandando la manutenzione sulle macchine: «Senza pensare che un infortunio equivale alla chiusura dell’azienda. Inoltre investire in innovazione significa facilitare la produzione e rendere la fabbrica e i processi più sicuri».

Colpa anche dei costi burocratici, che sottraggono risorse altrimenti utilizzabili per la formazione, come spiega Ferruccio Righetto della Confartigianato veneta che snocciola cifre: «Nel primo anno di attività un’azienda di 10 dipendenti, che fattura circa tre milioni di euro, deve accollarsi 14 mila euro di costi per le certificazioni sulla sicurezza previste per legge, negli anni successivi la spesa si assesta attorno ai 2.200 euro».                                                              Nei numeri tristi degli infortuni e delle morti nei luoghi di lavoro (o sulle strade che si percorrono per raggiungerli) i primi sei mesi di quest’anno regalano una piccola inversione di tendenza. Lo rivela Inail nella sezione “Open data” del suo sito. Tra gennaio e giugno sono state denunciate quattro morti sul lavoro in meno rispetto ai primi sei mesi del 2017, da 473 a 469 (-0,8%). La diminuzione è legata ai casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 337 a 331, mentre quelli accaduti in “itinere”, ovvero nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, sono aumentati di due unità, da 136 a 138.                          In aumento sono gli incidenti mortali dei lavoratori over 50. Una morte su due coinvolge questa fascia di età, con un incremento rispetto al 2017 di 31 casi (da 203 a 234). In diminuzione, invece, le denunce che hanno riguardano gli under 34 (da 76 a 71), i lavoratori tra i 35 e i 49 anni (da 159 a 132) e gli over 65 (da 35 a 32). La diminuzione complessiva ha interessato solo le denunce dei lavoratori italiani (da 406 a 391), mentre quelle dei lavoratori stranieri sono aumentate di 11 unità (da 67 a 78).

A livello regionale spiccano i 16 casi in più del Veneto (da 43 a 59) e i 12 in più della Calabria (da 5 a 17). Cali significativi si registrano, invece, in Abruzzo (da 28 a 7), teatro nel gennaio 2017 delle tragedie di Rigopiano e Campo Felice, in Sicilia (da 42 a 25) e in Puglia (da 29 a 15).

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