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Scoperto il business milionario dopo il rogo tossico: 12 arresti

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Rifiuti trasportati dal Sud al Nord Italia, ammassati in capannoni abusivi e lasciati marcire, questo è il risultato dell’indagine che ha portato  la Squadra Mobile di Milano a dare esecuzione a  dodici ordinanze di custodia cautelare (8 in carcere, 4 ai domiciliari). Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di traffico illecito di rifiuti, gestione dei rifiuti non autorizzata, realizzazione di discariche abusive, intestazione fittizia di beni e calunnia.

Quindi sono finiti in cella : Aldo Bosina (il titolare di Ipb Italia Srl, la società che aveva in gestione il capannone della Bovisasca e che aveva trasformato quello stesso sito in una discarica abusiva), Mauro Zonca, amministratore di diritto dell’azienda, Giancarlo Galletti, direttore dello stabilimento, Pietro Ventrone di Maddaloni, titolare della Wastesolution( una sorta di azienda “broker” del mondo dei rifiuti), l’autista Valentino Bosini e Massimo Sanfilippo e Colombo Joskwa, ed ancora, due imprenditori amministratori di società del settore.  Sono finite ai domiciliari quattro persone, tra cui il fratello di Ventrone, titolare di una società di trasporti adoperata al trasferimento  degli enormi carichi di rifiuti.

Le indagini sono iniziate nel mese di ottobre 2018, dopo il rogo di rifiuti scoppiato in via Chiasserini a Milano. Sembra che gli indagati, sono tutti imprenditori e autotrasportatori in qualche modo legati alla discarica abusiva di via Chiasserini, la stessa che la sera del 14 ottobre era stata distrutta da un devastante incendio che aveva fatto scattare l’allarme inquinamento sotto la Madonnina. Quella notte sono andate in fumo 13 mila tonnellate di rifiuti illegali- quasi tutta plastica- che era nascosta da tre container sistemati in verticale, in modo da creare una montagna di rifiuti alta cinque metri , se distribuita su un intero campo di calcio.

Il “modus operandi” degli arrestati si svolgeva in questi termini: la  Ipb Italia Srl si rivolgeva a delle aziende che trattavano rifiuti e stipulava contratti per il loro trattamento, con un pagamento che di solito si aggirava attorno ai 150 euro per ogni tonnellata “ricevuta”. Quella stessa immondizia, poi, veniva stipata in capannoni abusivi – oltre quello di Milano l’aziende ne aveva altri tre, sequestrati, a Fossalta di Pieve, Verona e Meleti – e lì lasciata “marcire”.  In questo modo – ha spiegato la pm Donata Costa – i titolari della società evitavano di pagare il prezzo per il conferimento a un termovalorizzatore o a un’altra azienda, garantendosi così un guadagnato netto ed “esorbitante”. Secondo gli uomini della Mobile, nelle casse della Ipb Italia Srl sono entrati 1 milione e 86mila euro, tutti guadagnati illegalmente con 37mila tonnellate di rifiuti arrivati quasi interamente dal Sud Italia.

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