Ogni 25 novembre ricorre la giornata contro la violenza sulle donne con manifestazioni, iniziative, flashmob e tanto altro.
E ogni giorno si sente di donne violentate, aggredite, perseguitate e uccise. Eppure, accanto a questo tipo di violenza, ce n’è un’altra più taciuta, più “sotterranea”.
È la violenza sugli uomini da parte delle donne.
A dirlo, ma solo in parte, sono quei pochi dati che vengono fuori da un’indagine dell’Istat pubblicata lo scorso anno, che per la prima volta, analizzando la violenza sul lavoro, ha rilevato anche le molestie a sfondo sessuale ai danni degli uomini.
Una violenza che non ha genere
Sono 3 milioni 574 mila gli uomini che hanno subito molestie di questo tipo almeno una volta nella vita, 1 milione 274 mila negli ultimi 3 anni (l’indagine si riferisce al periodo 2015-2016). Un dato inferiore a quello relativo alle donne, ma pur sempre esistente.
L’Istat, in ogni caso, chiarisce anche che «gli autori delle molestie a sfondo sessuale risultano in larga prevalenza uomini: lo sono per il 97% delle vittime donne e per l’85,4% delle vittime uomini».
Nel mondo virtuale le differenze si assottigliano: uomini e donne sono quasi sullo stesso piano per quanto riguarda le molestie sui social network o il furto delle credenziali.
Violenza sugli uomini: meno nota, eppure presente
Oltre ai dati dell’Istat, però, è difficile trovare dati che raccontano il “fenomeno”. E se si pensa che sia così solo perché ci sono meno casi, è di diverso parere Barbara Benedettelli, che alla violenza in generale (senza distinzione di genere) ha dedicato il libro “50 sfumature di violenza. Femminicidio e maschicidio in Italia”:
«Che ci siano meno casi di violenza sugli uomini non è un dato di fatto. In Italia non ci sono indagini ufficiali e largamente condivise che possono confermarlo. E gli uomini, a causa dello stereotipo di virilità e della quasi certezza di non essere creduti, non denunciano».

Del fenomeno si è occupata «nel 2012 l’Università di Siena, la cui proiezione statistica è allarmante: 5 milioni di uomini vittime degli stessi tipi di violenza che subiscono le donne», continua la giornalista e saggista. «Numeri analoghi sono stati rilevati da Gesef, associazione per genitori separati con sportelli di ascolto in Italia che si è basata su un campione molto simile a quello usato dall’Istat per l’indagine che vede vittime le donne».
La violenza sugli uomini in Inghilterra e Galles
Ricerche sporadiche, che però non fanno emergere il problema, come invece avviene nei paesi anglosassoni che alla violenza, tutta, dedicano maggiore attenzione. In Gran Bretagna, per esempio, il ministero dell’Interno ha monitorato l’andamento del fenomeno in Inghilterra e Galles dal 2005 fino a oggi: se prima la forbice tra donne e uomini vittime era piuttosto ampia, adesso si parla di un 7,9% contro un 4,2 per cento.
«Le donne hanno quasi il doppio delle probabilità di subire abusi domestici», si legge nel rapporto. Si parla di «1,3 milioni di donne vittime e 695 mila di sesso maschile», numeri comunque importanti in entrambi i casi anche se, tiene a precisare il ministero, «le stime non tengono conto del contesto e dell’impatto dei comportamenti abusivi subiti».
Violenza psicologica sugli uomini: le caratteristiche
Qualche anno fa in Sicilia, esattamente a Catania, è nata Avu, acronimo che sta per Associazione violenza sugli uomini. A fondarla sono stati due avvocati, Massimo Arcidiacono e Alessandro Granieri Galilei (presidente), che si occupano di aiutare uomini «ma anche donne: la violenza non ha genere», precisa subito Arcidiacono.
Tutto è nato «quando abbiamo ricevuto una telefonata di un uomo che ci diceva “Sono disperato, mia moglie mi ha buttato fuori di casa, non posso vedere più i miei figli, sono stato licenziato, sono tornato a vivere con mia madre, ma non ho neanche i soldi per venire con l’autobus a incontrarvi. Non so se devo suicidarmi o sopravvivere“».
La violenza domestica è la situazione più diffusa
«Quella situazione ha fatto scattare un campanello d’allarme e da allora sono diversi i casi di violenza in cui ci imbattiamo, sia di tipo psicologico che fisico, e questo quasi sempre all’interno delle mura domestiche». Aggiunge il legale:
«È tra i congiunti che si verificano le situazioni più rilevanti. Se nelle dinamiche di coppia l’uomo sfoga la rabbia per lo più dal punto di vista fisico, le donne agiscono di converso sulla psiche dell’uomo».
Un modus operandi, per altro, riconosciuto anche dall’Ordine degli psicologi dell’Emilia Romagna che, constatando che la violenza psicologica è subita anche da alcuni uomini e bambini, sebbene non ci siano ricerche quantitative in proposito, parla della propensione delle donne a utilizzare nell’ambito familiare soprusi psicologici rispetto ad altre forme di maltrattamento.
Un tipo di violenza sottovalutata anche dalle vittime stesse perché, come spiegano gli psicologi, «non la riconoscono come forma di violenza, specie se si stabilisce come modalità relazionale all’interno della coppia e della famiglia. E invece è una delle più forti e distruttive espressioni manipolatorie di esercizio del potere e controllo sulla persona».
Alienazione parentale: una violenza nella violenza
Aggiunge Arcidiacono: «La violenza sugli uomini da parte delle donne le vede denigrare l’uomo, nelle sue capacità familiari, sessuali, dal punto di vista economico e, quando ci sono i figli, quello che avviene spesso è l’alienazione parentale: gli uomini si vedono privati dei loro bambini per mesi o addirittura anni. Situazioni del genere fanno crollare chiunque».
Molte delle persone che Avu segue hanno in genere «uno stipendio medio o sono freelance, si vedono costretti a cercare un nuovo appartamento, arredarlo e continuare a lavorare mantenendo la lucidità, magari costretti a pagare il mutuo della casa dove la moglie vive con i figli e a dare l’assegno di mantenimento. Questo comporta che se la disponibilità non è sufficiente, l’uomo si trova in seria difficoltà.
«Alcuni dormono in macchina, si lavano a una fontana pubblica, si mettono la giacca e cravatta e vanno al lavoro. Altri pranzano alla mensa della Caritas, giocano d’azzardo pensando di fare quella vincita che cambierà loro la vita. Anche quella patologia è legata in qualche modo alla violenza».
Nonostante questo, come anticipava Benedettelli, sono poche le denunce. «Gli uomini, e in particolare quelli siciliani, si vergognano a parlare di queste cose, temono di sentirsi dire “Ma come: ti fai fare queste cose? Che uomo sei?”. E così spesso tacciono».
Riccardo: «Non riesco più a stare solo con mio figlio»
Ovviamente non succede solo al Sud, ma anche in altre regioni d’Italia. Tra cui la Lombardia, dove in un piccolo comune («preferisco non dire quale», tiene subito a precisare) risiede Riccardo (nome di fantasia), operaio di 46 anni che nel giugno scorso ha visto cambiare la propria vita all’improvviso.
«In un momento delicato, mi sono innamorato di un’altra. Il rapporto con mia moglie non era dei migliori: si litigava spesso, c’erano solo sacrifici che facevo anche e soprattutto per mio figlio di 10 anni, lavorando 7 giorni su 7. E nonostante questo, nonostante andassimo in vacanza, non si era mai felici. Lei ha scoperto che c’era quest’altra donna e la prima cosa che ha fatto è stata svergognami pubblicamente sui social network. Quello è stato l’inizio della fine: nostro figlio stava per partire per la colonia estiva, vedendoci litigare mi ha fatto promettere che mi avrebbe trovato al ritorno. Io ci credevo: volevo rimettere le cose a posto», racconta con la voce rotta dall’emozione.
«Quel giorno ho fatto giardinaggio, mentre lei era uscita senza che sapessi dove andava. Al rientro, quando le ho chiesto spiegazioni, mi ha dato uno schiaffo, mi ha gettato la sigaretta accesa sul viso, si è messa a urlare e sono arrivati i carabinieri. La pattuglia mi ha sequestro le chiavi di casa e in poco tempo mi sono ritrovato buttato in mezzo alla strada. Sono andato a dormire da un amico».
Nonostante questo, Riccardo ci ha riprovato. Lei ha detto “sì”, ma «il giorno dopo sono tornato con la macchina piena delle mie cose e mi ha lasciato fuori. In quella casa non sono più rientrato né sono più riuscito a stare anche solo 10 minuti con mio figlio. È tornato dalla colonia e ha visto che non avevo mantenuto la promessa e non ho avuto modo di spiegarmi».
In attesa che un giudice gli consenta di vederlo in giorni prestabiliti, Riccardo lo segue durante gli allenamenti (non ne manca uno) e va all’uscita di scuola. Ma non può avvicinarlo:
«Mi metto nel parco di fronte al quale so che dovrà passare quando è con i nonni. Sono costretto a vederlo dietro una ringhiera e nessuna delle mamme e papà che mi vedono lì ha una parola di conforto. E a Natale non l’ho visto per 20 giorni di seguito: non c’erano né scuola né calcio».
Maldicenze, botte e pedinamenti
La violenza psicologica, così la definisce Riccardo («Sì, mi sento una vittima») riguarda poi tutto quello che lui ha costruito intorno a sé:
«Mia moglie mi ha fatto terra bruciata: ha raccontato a tutti che ho abbandonato il tetto coniugale, ha insultato la donna con cui sto e un giorno l’ha pedinata così come sono stato pedinato anche io. Lei era in un’auto con amici e c’era pure mio figlio: mi ha seguito per capire dove stessi andando. L’ho denunciata, ma sono dovuto andare in una caserma lontano da casa: nel mio paese non si sono neanche messi a scrivere cosa dicevo».
Oltre al dolore profondo per il figlio, Riccardo non ha potuto più recuperare nulla di ciò che aveva a casa: documenti, vestiti, persino le gomme dell’auto. «Ne avevo bisogno per andare al funerale di una persona cara, mi ha lasciato con quelle estive».
Quella subita dall’uomo è solo l’apice di una situazione già deteriorata. «Mia moglie la sera metteva la chiave della porta di traverso in modo che non l’aprissi. Allora andavo a dormire in macchina in garage. E questo nonostante mio figlio le chiedesse di aprirmi. Gli diceva di sì, ma non lo faceva. E per fingere che non fosse così, toglieva la chiave dalla toppa prima che si svegliasse. A volte mi picchiava: sono mingherlino e lei robusta. E soprattutto non ho mai voluto difendermi per paura di farle del male».
Perché si subiscono situazioni simili? «Dopo avere vissuto la separazione dei miei genitori, volevo una persona più forte di me, ma non sono stato mai felice anche se le ho chiesto spesso di tornare. E ora lei sta scaricando la sua vendetta sul bambino. Otto mesi di questo inferno sono difficili da sopportare».
La violenza sugli uomini può essere anche fisica
La violenza sugli uomini non è solo psicologica. Come dimostra anche la storia di Riccardo. «Continuo ad assistere una persona famosa che abita tra Catania e Roma», racconta l’avvocato, «che è stata pugnalata alla schiena dalla ex moglie per futili motivi e non vede la figlia da 6 anni».
Spinte, graffi, morsi e dita schiacciate
Sono tanti i casi che anche Benedettelli riporta nel libro. Nella ricerca dell’Università di Siena emerge un 60,5% di uomini intervistati che parla di spinte, graffi, morsi, capelli strappati, un 51% di lancio di oggetti e, in misura minore, folgorazione con la corrente elettrica o dita schiacciate con la porta. A subire questi atti, ovviamente, non solo uomini, ma anche donne.
Lo scrive la giornalista nel suo libro “Al centro va messa la persona”. E uomini e donne sono entrambe vittime:
«Chi subisce violenza ha le stesse ansie, le stesse paure, gli stessi traumi ed è colpito da forme di violenza molto simili. Solo che le donne oggi sono capite, aiutate, protette. Gli uomini no.
Prosegue la saggista: «Gli uomini maltrattati o uccisi non hanno lo stesso spazio mediatico, anche se il numero è simile come dimostro in un’indagine che ho fatto sugli omicidi del 2017 nelle Ris (Relazioni interpersonali significative). Sono spesso costretti a stare nelle relazioni malate per non perdere i figli, alla fine ci rimettono tutti. Società compresa».
Benedettelli: «Sono necessarie indagini bilaterali»
C’è una soluzione? «Uomini e donne fanno parte di un unico “ecosistema” che deve essere osservato e studiato senza veti ideologici, pregiudizi, narrazioni retoriche e monche che condizionano la percezione collettiva della realtà e impediscono di trovare il modo corretto di “aggiustare ciò che si è rotto”: le relazioni affettive che diventano (o nascono) disfunzionali».
«Occorre fare indagini bilaterali, distinguendo tra violenza di genere (o femminicidio) e violenza domestica che include ogni violenza, anche quella che commettono le donne su altri componenti (maschi o femmine) delle relazioni interpersonali più significative».
«Non ci sono vittime di serie A e vittime di serie B. Tutti e senza distinzione alcuna, come recita anche l’articolo 3 della nostra Costituzione, hanno il diritto di essere ascoltati, tutelati, sostenuti. Lo chiede anche la Convenzione di Istanbul che riconosce gli uomini come possibili vittime di violenza domestica».
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