Anna De Luca: “Uno spettro si aggira per la città”

CASERTA – Estate, tempo di divertimento. Certo, tutto vero, ma attenzione ai pericoli. La notte, il sabato sera è un fenomeno che si evoca il divertimento, ma, a volte, diventa quasi un must al quale non ci si può sottrarre e come tale si colora di tante negatività. Uno spettro a condizionare la vita dei…

CASERTA – Estate, tempo di divertimento. Certo, tutto vero, ma attenzione ai pericoli. La notte, il sabato sera è un fenomeno che si evoca il divertimento, ma, a volte, diventa quasi un must al quale non ci si può sottrarre e come tale si colora di tante negatività. Uno spettro a condizionare la vita dei giovani e causare preoccupazioni ai genitori.

Di questo e tanto altro ne abbiamo parlato con la dottoressa Anna de Luca, Consulente Pedagogista nei contesti educativi di formazione permanente, esperta in Counselor vittimologico nelle relazioni d’aiuto con le vittime di reati e violenze, esperta, inoltre, in didattica e metodologie per la difesa dei pericoli in rete

“ Mi duole dirlo, ma è la verità. Lo spettro del sabato sera si annida soprattutto nelle case dei genitori nel momento in cui il figlio/a esce ed è pronto a tuffarsi nel divertimento del fine settimana. Cosa combinerà in discoteca, chi incontrerà , cosa farà con i suoi amici in giro fino a tardi? Droghe, alcol , pasticche, luoghi rischiosi, compagnie pericolose, trasgressioni e dipendenze di ogni genere. Tante domande, mille paure e preoccupazioni, ma zero risposte.

Ci scusi dottoressa, ma esiste anche una movida non trasgressiva, non tutti incorrono negli stessi errori?

“Assolutamente . E’ vero, quello di cui parlo non è il destino di tutti , ma, comunque, di troppi ragazzi” 

Lei asserisce che una delle cause di questo destino è da addebitare alle famiglie?

“Secondo me si. La famiglia, i genitori contemporanei commettono errori forse perché, a loro volta, sono disorientati e smarriti nel caos della modernità che è caratterizzata, in ambito pedagogico ed educativo, da una perdita dei valori tradizionali e di punti di riferimento certi e durevoli nel tempo.”

Il suo sembra un rimpiangere il passato, un quadro familiare in cui vigeva la figura forte del padre padrone?

“Nella maniera più assoluta. Non sono una pedagogista nostalgica. L’educazione di quegli anni scontava limiti non secondari: l’autoritarismo di quei genitori ( non pochi) che si immaginavano i “padroni” dei figli, i rischi dell’indottrinamento politico o religioso , la divisione dei ruoli educativi in famiglia ( il padre simbolo dell’autorità, la madre icona degli affetti e della mediazione familiare), l’uso diffuso delle punizioni fisiche . Ma , oltre a questi limiti , era comunque scontato che le pratiche educative coincidessero con alcune prassi pressoché universalmente condivise : il ruolo centrale della famiglia, l’importanza della scuola, il rispetto per le regole comuni, il riconoscimento del valore ben fatto , il rifiuto del turpiloquio , il rispetto degli adulti, degli insegnanti ecc.”

Qual è il modello culturale che un genitore persegue oggi?

“Non un modello. Essi perseguono i modelli culturali del momento, ovvero concedere la massima libertà e ad adottare il principio di non autorità. La loro funzione educativa amorevole, la loro preoccupazione per i figli, però non sempre si traduce in un sostegno utile per la crescita, e le crisi e i conflitti con i figli prima o poi vengono a galla , specialmente nella fase adolescenziale.”

L’argomento educativo è vasto e meritevole di ulteriori approfondimenti. Torniamo, però, alla movida, allo spettro che si aggira…cosa si potrebbe fare?

“Occorre esercitare una funzione esterna di maggior controllo . Ad esempio far rispettare il divieto di vendere alcolici ai minori da parte dei gestori dei bar, chiusura di esercizi commerciali entro la mezzanotte. A tal proposito cito un episodio al quale ho assistito nel periodo in cui ho creato un centro di ascolto itinerante che aveva la sua base nei punti di maggior affluenza dei giovani. La movida inizia tra le 00.00 alle 00.30 , ci sono quei ragazzi che sostano in città , nelle piazze fino alle 03.30 e quelli che alle 02.00 lasciano le piazze e con provviste di alcolici entrano in macchina di un coetaneo maggiorenne e vanno in discoteca. Orbene , questi alcolici sono comprati da uno di loro oppure sottratti dagli scaffali eludendo la sorveglianza. Agiscono in questo modo : entrano a due gruppetti per volta , il primo si avvia allo scaffale dei liquori e subito dopo arriva il sorvegliante di turno. Il secondo gruppo , poi, entra nel locale, causa tanta confusione si da disorientare il vigilante dando, quindi, l’assist agli amici per riuscire nell’azione illecita. Ritornando a quello che si potrebbe fare nell’immediato oltre il controllo, è utile sensibilizzare i giovani magari con cineforum di film che trattano l’argomento dipendenza nelle sue varie forme e farlo nei loro luoghi di ritrovo. Altra cosa carina sarebbe organizzare, nel cuore della movida, dei piccoli teatri itineranti come strumento utile ad acquisire consapevolezza in merito a ciò che accade dentro e intorno ai giovani, rappresentando quelle forme di comportamento al limite in cui vivono le nuove generazioni. Magari concepire questo teatro in una forma dinamica, interattiva con i giovani.”

Questo è nell’immediato. Invece cosa occorrerebbe fare per azioni di consapevolezza , responsabilità dei giovani e pratiche educative corrette da parte dei genitori ?

“Agire in modo programmato su più direzioni . Attualmente sono in corso o sono in programma, in ogni ordine e grado di scuole della nostra città, progetti che hanno obiettivi come il contrasto ad ogni forma di prevaricazione ad esempio il bullismo -cyberbullismo, o aumentare le abilità prosociali ed empatiche dei giovani, o ancora ad educare all’uso consapevole del web. Un plauso grande per lo sforzo, la bravura e sensibilità mostrata va fatto a tutti i dirigenti scolastici e docenti coinvolti in questi programmi .Certamente devono essere coinvolte le famiglie, ma solo una piccola parte decide di essere presente a queste iniziative . Eppure lo spettro si aggira nelle loro case…. Diciamo che è uno spettro dell’immediato. Passata la mezzanotte o meglio il rientro del figlio/a , non vi è più la paura , l’angoscia , la preoccupazione .”

Secondo lei perché questo disinteressamento ?

“In primis credono che la scuola debba da sola affrontare certe tematiche essendo il luogo per eccellenza dell’educazione. La scuola si attiva in tal senso, ma deve essere coadiuvata in sinergia con la famiglia , altrimenti questi programmi servono a ben poco . Si limiterebbero ad essere nozioni impartite . Inoltre, le famiglie sono poco attente ai bisogni emozionali – affettivi che emergono nel camaleontico transito della fase adolescenziale . In sintesi e come già ho detto prima , i genitori sono in difficoltà sul come educare i figli e paradossalmente non si attivano per l’incontrario . Ricordiamoci anche della povertà educativa .

Se la scuola non riesce a coinvolgere le famiglie cosa allora si potrebbe fare?

“Obbligandoli ad informarsi e formarsi sulle tematiche dell’educazione e del disagio giovanile in generale . Mi riferisco a una formazione capillare che investe la quasi totalità dei genitori , partendo dai luoghi di lavoro dove ci sono lavoratori rappresentati da padri/ madri , dove  il datore di lavoro investendosi , di quella responsabilità collettiva , istituisca o promuova dei corsi di formazione obbligatoria sui fenomeni menzionati , dando ai genitori gli strumenti per comprendere e intuire eventuali segnali di disagio e di prevaricazione , nonché approfondimenti sugli aspetti che riguardano la responsabilità genitoriale . Solo attraverso una presa di coscienza , responsabilità , attenzione e volontà, da parte di tutta la collettività sociale si potrebbe ridurre il fenomeno e di tutti quegli aspetti insiti che oggi noi definiamo emergenza educativa.”

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