ASL rivuole indietro i soldi della riabilitazione, bufera sul decreto 83

CASERTA – Rischia il collasso il mondo della riabilitazione della provincia di Caserta, per un provvedimento dell’Asl, l’unica in Campania ad adottarlo, che compromette sia l’assistenza che il futuro di migliaia di lavoratori. Il nodo della questione ruota intorno alla mancata applicazione del decreto 83 del presidente della Regione Vincenzo De Luca in base al…

CASERTA – Rischia il collasso il mondo della riabilitazione della provincia di Caserta, per un provvedimento dell’Asl, l’unica in Campania ad adottarlo, che compromette sia l’assistenza che il futuro di migliaia di lavoratori.

Il nodo della questione ruota intorno alla mancata applicazione del decreto 83 del presidente della Regione Vincenzo De Luca in base al quale diversi centri, secondo i parametri di legge, hanno garantito il servizio durante il lockdown derogando alla chiusura e rinunciando alla cassa integrazione straordinaria.

Tenuto conto che la riabilitazione in provincia di Caserta viene effettuata in maniera quasi esclusiva dai centri privati accreditati, si può dire che, questi ultimi, senza timore di smentita svolgono un servizio essenziale per la comunità che, così come previsto dalla legge, non può essere interrotto.

Le terapie riabilitative, infatti, in molti casi, non sono state interrotte nemmeno in una situazione straordinaria come quella del lockdown per non compromettere la condizioni dei pazienti.

A far saltare il banco la presentazione di una nota di credito da parte dell’Asl di Caserta a tutti quei centri che hanno aderito al decreto 83 con la quale l’azienda sanitaria chiede la restituzione delle somme pagate per le terapie erogate durante i mesi del lockdown.

Come se non bastasse, sino a quando i centri non provvederanno a restituire le somme incassate per i mesi del lockdown, l’azienda sanitaria ha fatto sapere che non pagherà il corrispettivo dovuto per i mesi successivi.

Tale situazione ha determinato una condizione difficilissima per i centri accreditati dal momento che questi ultimi non sono nelle condizioni di poter da parte pagare gli stipendi ai dipendenti e dall’altra di erogare servizi essenziali per la popolazione.

Alla luce di tutto ciò l’Aspat, l’associazione datoriale dei centri convenzionati, ha dichiarato lo stato di crisi provvedendo a diffidare l’Asl.

Allo stesso tempo, Cgil, Cisl e Uil hanno avviato la procedura di raffreddamento chiedendo l’intervento immediato del prefetto che è l’unico in grado di sbloccare questa situazione.

«Faccio un appello al prefetto ed al direttore generale affinché trovino una soluzione immediata a questa situazione che incredibilmente si è venuta a determinare – ha dichiarato Nicola Cristiani, segretario confederale Cisl con delega alla sanità –

al fine di evitare il collasso dei centri di riabilitazione con le conseguenti ripercussioni sull’utenza alla quale non sarebbero garantiti i livelli minimi di assistenza in un periodo già difficile come quello che stiamo vivendo e sui dipendenti ai quali viene messo in discussione il proprio diritto al salario.

Se le cose non cambiano per i centri e per i lavoratori si profila un doppio danno dal momento che tutte le strutture che hanno aderito al decreto 83 hanno rinunciato contestualmente alla cassa integrazione.

Tutti i centri che hanno aderito al decreto 83, hanno comunicato alla Regione e all’Asl tale scelta, mettendosi a norma sul piano della sicurezza».

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