Il virus ha strappato le maschere e imposto le mascherine.

Tempo di maschere e mascherine. Quelle che cerchiamo di procurarci contro il coronavirus e quelle che stanno cadendo dappertutto, svelando il vero volto di un’era bastarda, pardon meticcia. La nostra orgogliosa civilizzazione ha carenza di mascherine. Costruiamo computer potentissimi, investiamo in fibre per la comunicazione superveloce, spariamo nella biosfera satelliti per scandire con precisione infinitesima…

Tempo di maschere e mascherine. Quelle che cerchiamo di procurarci contro il coronavirus e quelle che stanno cadendo dappertutto, svelando il vero volto di un’era bastarda, pardon meticcia.

La nostra orgogliosa civilizzazione ha carenza di mascherine. Costruiamo computer potentissimi, investiamo in fibre per la comunicazione superveloce, spariamo nella biosfera satelliti per scandire con precisione infinitesima l’economia e la vita, ma abbiamo trascurato le mascherine.

E’ un mondo in maschera, la cui nuova icona è la mascherina che indossiamo per uscire, furtivi come gatti, con il tasca l’autocertificazione (oh, la società aperta), rasentando i muri e maledicendo i concittadini, troppo vicini, uno stranutisce, forse mi sta contagiando. Perché non sta a casa, come ripetono in televisione? Homo homini virus. Ma è caduta la maschera: ognuno per sé e Dio per tutti. E’ un modo di dire, ovviamente, Dio non c’entra nulla, non ci crediamo, le chiese sono sigillate in tempo di quaresima. Non aspettano più la resurrezione, Fra Cristoforo è un pessimo esempio: morì di peste per non essersi “distanziato”, aver portato aiuto e speranza. Meglio Don Abbondio, il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare. Dal chiuso della sua fortezza semiabbandonata, la chiesa “in uscita” – i pastori che puzzano di pecora e trascurano la dottrina in quanto esaltano la profezia – invita su Avvenire a non chiedere a Dio il miracolo di allontanare il contagio.

Sarebbe immaginare l’Altissimo come un mago, dicono, un prestigiatore armato di bacchetta. Cade un’altra maschera, quella della fede, centra il bersaglio l’orribile vignetta di Vauro in cui Gesù non esce dal sepolcro a Pasqua per mancanza di autocertificazione, non controfirmata dai nuovi teologi.

Sta cadendo, in queste interminabili giornate scandite dai numeri fasulli dei contagi, dalle conferenze stampa di spettri mascherati da esperti o da responsabili politici, la maschera della libertà, insieme a quella della verità.

Covid 19, il nome d’arte del virus, è esso stesso una maschera. Quella che sta indossando il potere per terrorizzarci e insieme rassicurarci: restate a casa, tutto andrà bene, grottesche maschere sotto le quali tenta di nascondersi l’impotenza, mentre incede una nuova, insidiosa tirannia che approfitta dell’emergenza per entrare nelle nostre vite, mascherata con il camice del medico, l’abito dell’esperto, il tocco e la toga del legislatore, per stringere il cappio, armata di droni, trojan informatici e decreti, le grida manzoniane al tempo della peste post moderna.

Se avremo torto, ce lo dirà il futuro prossimo; non teniamo al ruolo di profeti di sventure, la maschera di Cassandra non ci piace, magrande è il timore per la maschera sorridente e benevola di una società che si proclama aperta e intanto sbarra, controlla, osserva, spia, segna a dito. Da uomini liberi, persone, a pedoni nel gioco degli scacchi. Persona fu, in origine, il nome della maschera dell’attore.

Tutti recitiamo una parte, ce lo ha ricordato Luigi Pirandello. Vale innanzitutto per la maschera della serietà indossata dai governanti, per quella orgogliosa, tronfia, grassoccia dei pilastri della società, i padroni della scienza, della tecnica, della capacità predittiva, della statistica, i maestri della “soluzione”. Carnevale è finito da un pezzo, la quaresima rivela la verità. Non c’è stato bisogno di una mano umana per strappare la maschera, è bastato un esserino invisibile, in fondo fragile, con poche ore di vita, il Virus.

il virus ha strappato le maschere e imposto le mascherine.

Ha assunto l’iniziativa, si è appropriato della distruzione creatrice già appannaggio del capitalismo. La maschera della solidarietà europea è nel fango, i suoi attori recitano una farsa che non muove al riso neppure i bambini. La Natura ha preso il sopravvento sulle pretese e i regolamenti umani. Addirittura disintegrata è la maschera orgogliosa, che sembrava di marmo, della libertà di movimento degli individui. Era uno dei capisaldi della vanagloria europea. Tutti a casa, distanziamoci, e nessuno invada lo spazio vitale altrui, il nuovo lebensraum sanitario. Le frontiere conoscono nuova popolarità, ai doganieri è restituito il ruolo di custodi e decisori di ciò che è “dentro” e ciòche è “fuori”, persone, merci, servizi. La durata è indeterminata, dipende da un virus. Ritorniamo protezionisti, in economia e non solo. Sventolano le bandiere nazionali, si ammainano o si deridono insegne-maschera come quella blu stellata dell’Unione Europea. Macron in televisione promette: “la Nazione proteggerà i suoi figli”. Molto francese, ma è simile l’approccio di Putin, del re di Spagna, che accorre con guanti e mascherina negli ospedali madrileni, della vegliarda regina Elisabetta che si rivolge ai britannici. Tacciono solo i nostri reggitori: facce di bronzo più pesanti della maschera di ferro di Alexandre Dumas, rintanati nei quartier generali con gel disinfettante.

Avanzano, purtroppo, vecchie maschere riverniciate. La più sinistra ha il ghigno di Mario Draghi nel ruolo del Salvatore. L’uomo per tutte le stagioni, il brillante tecnocrate del panfilo Britannia, consigliere dei vampiri delle privatizzazioni, nostromo della nave finanziaria, ha dismesso la maschera di Dracula per indossare quella seduttiva di Capitan Harlock, il pirata dello spazio che difende dall’ invasione dei signori del denaro, con la benda sull’occhio, la cicatrice sul volto, il capello selvaggio, il fisico sottile avvolto in un mantello nero e l’inseparabile spada laser.

C’è qualcosa di nuovo, anzi d’antico nell’ultima prestazione en travesti del gran camerlengo della finanza. A spese degli Stati, ovvero di noi stessi, afferma di voler restituire liquidità a chi sta perdendo lavoro, reddito, servizi, consumi. Riuscirà a imbrogliarci: è un attore consumato, ha alle spalle una claque potente e interessata, dal Quirinale in giù. Dicono sia “l’ultima occasione”, ma è piuttosto la maschera d’emergenza che è urgente strappare, trucco e parrucco.

Inforchiamo la mascherina, indossiamo i guanti, strappiamo il travestimento e gettiamolo tra i rifiuti pericolosi. Esiste una maschera collettiva chiamata popolo. Nel teatro di Lope de Vega, una comunità intera giustizia il prepotente, maschera del potere. Alla domanda dell’inviato del re su chi lo abbia ucciso, la risposta è corale e risolutiva, senza mascherina: todos a una, Fuente Ovejuna, Tutti insieme, il paese di Fuente Ovejuna.

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