A Caserta, comandava una donna almeno fino al 2017.
Concetta Buonocore, moglie del boss Antonio Della Ventura,determinata, influente e spregiudicata al punto da bloccare la processione della Madonna, parandosi in mezzo alla strada per obbligare cullatori e banda a girare in via Petrarelle, ovvero davanti casa sua.
L’anno seguente, suo genero, Michele Maravita, fece in modo che la stessa, venisse omaggiata dall’inchino della Vergine: il tutto, dietro pagamento di denaro, scrive il gip, agli organizzatori della processione.
Qui Caserta, anno domini 2017. No, dunque, non è l’Aspromonte, dunque, ma la scena immortalata dalle telecamere di videosorveglianza del fortino del clan, poi sequestrate dai carabinieri, che rimandano uno scenario fosco quanto quello di un paese assoggettato alla ‘ndrangheta.
La Madonna della Grazie fu «convinta» a inchinarsi davanti casa di Michele Maravita.
Come un capo ‘ndrina, come un mafioso, il genero di Della Ventura deve aver vissuto un delirio di onnipotenza tanto che, a luglio del 2017, quando a Caserta si tenne la tradizionale processione della Vergine delle Grazie, il tragitto della processione subì una deviazione fuori programma: benché non fosse previsto, l’effige sacra della Vergine delle Grazie fu portata fin sotto casa del novello capoclan e di sua suocera, nella frazione di Santa Barbara, dove i portatori fecero sosta. Era il 27 luglio e oltre la banda e i fedeli, alla scena assistette impotente anche il delegato del Sindaco.
Lo si vede nelle foto, ricavate dai video delle telecamere a guardia del fortino di via Petrarelle, attendere, con la fascia tricolore, fuori al viale. «Le immagini – si legge agli atti – hanno consentito di evidenziare come, nel corteo, sia presente una ben riconoscibile o dalla fascia tricolore .
Seppure non segue il corteo nella strada privata che porta alla casa dei Maravita, lasciando il percorso stabilito, l’uomo delle istituzioni, assiste all’intera scena».
Eppure della vicenda non si seppe nulla, né dalle istituzioni, né dalla chiesa, si levò l’indignazione che avrebbe dovuto seguire una dimostrazione di potere che si è vista in contesti diversi o con boss «famosi» della criminalità organizzata, come il defunto Luigi Vollaro, padrino di Portici: per anni che la statua di San Ciro, in processione a maggio, fece tappa sotto casa sua. Ispirandosi quindi a padrini di acclarata fama, il giovane Maravita ottenne il tributo religioso, frutto dei successi economici del business che si è ritrovato a gestire dopo l’arresto del suocero. Per l’inchino, ci fu una cospicua offerta. Il sodalizio, d’altronde, incassava ogni settimana decine di migliaia di euro attraverso le piazze di spaccio di Maravita, e gestite da Vergone che si serviva dei pusher Ferruccio Coppola e Umberto Giglio e di Paolo Cinotti che rischiò di finire ammazzato quando tentò di rendersi autonomo dal gruppo. Cocaina, hashish e marijuana arrivavano da diverse zone del Napoletano con Giuseppe Orefice nel ruolo di broker che si occupava dell’intermediazione soprattutto per l’hashish.
Un giro d’affari che consentiva a Maravita di mantenere un tenore di vita molto elevato. Viaggi a Ibiza in residenze di lusso, gite in barca e puntate ai casinò a più zeri. Da questo «successo» dev’essergli venuta l’idea di ordinare la deviazione della processione della Vergine Delle Grazie e della tappa sotto la casa di famiglia.
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