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La pacchia è finita. Cesare Battisti arrestato

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Cesare Battisti, ex membro del gruppo Proletari Armati per il Comunismo, è stato arrestato mentre camminava per le strade di Santa Cruz in Bolivia da una squadra dell’Interpol.

Aveva barba e baffi finti, occhiali da sole, jeans e una  t shirt blu e non ha opposto resistenza.

Gli investigatori italiani erano già da una settimana in Bolivia e dopo aver circoscritto l’area in cui si trovava Battisti hanno iniziato a pedinarlo. Prima di intervenire, però, sono state fatte tutte le attività di comparazione e i riscontri visivi possibili fino a quando si è avuta la ragionevole sicurezza che fosse proprio lui.

A quel punto, nella giornata di ieri, sono stati fatti intervenire i poliziotti boliviani, che lo hanno fermato in mezzo alla strada. Alle richieste degli agenti di fornire i documenti, Battisti ha risposto in portoghese dicendo di non averli e solo quando lo hanno portato negli uffici della polizia – dove si troverebbe tutt’ora – ha fornito il suo documento brasiliano.

Una volta riportato in Italia, Battisti sarà condotto nel carcere più vicino al luogo di atterraggio. Questo infatti prevede la procedura in situazioni di questo genere. Per quanto riguarda l’iter dell’estradizione, l’Italia non deve formalmente compiere alcun atto, perché l’intera procedura era già del tutto espletata nel dicembre 2018 e su Battisti gravano condanne definitive.

Finisce così una vicenda che nel corso degli anni ha acceso, a volte, pesantemente il dibattito politico. E secondo quanto riportano fonti del governo all’Ansa, potrebbe essere estradato verosimilmente domani in Italia, ma non è escluso che il rientro possa avvenire già oggi. Le autorità stanno valutando se l’estradizione debba avvenire direttamente dalla Bolivia – dove è stato catturato – o via Brasile.

Ciro Guerriero : “Un pensiero ai familiari delle vittime” – “E’ finita la lunghissima fuga di Cesare Battisti. Il mio pensiero va ai familiari delle sue vittime”

La latitanza – Battisti si era inizialmente rifugiato in Francia, doveva aveva vissuto dagli anni Ottanta, protetto dalla “dottrina Mitterrand”, secondo cui la Francia non avrebbe valutato “la possibilità di non estradare cittadini di un Paese democratico autori di crimini inaccettabili”. In Brasile dal 2004, Battisti fu arrestato nel 2007 e rimasto nel carcere brasiliano di Papuda, a Brasilia, fino al giugno 2011. Nel 2009 il Tribunale Supremo Federale(Stf) aveva autorizzato la sua estradizione in Italia, ma la decisione fu bloccata dal pronunciamento dell’allora presidente Luiz Inacio Lula da Silva che, alla fine del suo mandato, il 31 dicembre 2010, gli concesse lo status di rifugiato. Dopo la decisione da parte della Stf di respingere un ricorso dell’Italia, Battisti è stato scarcerato, ottenendo in agosto il permesso di residenza permanente.

Il presidente brasiliano uscente Michel Temer, che si è insediato dopo l’impeachment della presidente Dilma Rousseff, erede politica di Lula, aveva manifestato l’anno scorso l’intenzione di estradare Battisti in Italia. In questo quadro, il 4 ottobre 2017 Battisti fu fermato a Corumbà, nello stato di Mato Grosso del Sud – alla frontiera con la Bolivia – mentre cercava di attraversare il confine con dollari ed euro non dichiarati. Accusato di voler fuggire dal Brasile, è stato privato del passaporto e ha l’obbligo di residenza nello stato di San Paolo.

Il 13 ottobre 2017 una sentenza dello stesso giudice Fux aveva stabilito che la magistratura non può revocare quanto deciso da Lula, a meno di una pronuncia della prima sezione dell’Stf. Ma da allora la prima sezione non è stata investita del caso. Nel frattempo il procuratore generale brasiliano della Repubblica, Raquel Dodge, ha argomentato che la decisione di non estradare Battisti era “un atto altamente politico”. Una tesi accolta dal giudice Luxche, sottolineando la natura “strettamente politica” di quella decisione, ha quindi affermato che il nuovo presidente potrà rivederla. “È nella stessa natura degli atti prodotti nell’esercizio del potere sovrano la loro reversibilità”, aveva affermato il togato. A fine ottobre il figlio dell’allora appena eletto Jair Bolsonaro aveva dichiarato al ministro dell’Interno Salvini che sul caso Battisti stava per giungere all’Italia “un regalo”.

In una intervista all’Ansa (“perdono” per le vittime degli attentati) nel 2011 l’ex militante dei Pac ammise le proprie “responsabilità politiche”, precisando però di escludere del tutto quelle “dirette” e alla parola pentimento rispose: “È una parola che non mi piace, è una ipocrisia, è sinonimo di delazione, è legata alla religione”. Non mancò una critica alla lotta armata. “Alla luce di oggi, illudersi che si potessero cambiare le cose in Italia così è stato un errore“, ammise, difendendo d’altro lato le sue fughe all’estero, dalla Francia, al Messico, al Brasile: altrimenti, disse, “avrei rischiato di pagare con l’ergastolo in Italia delitti che non ho mai commesso”. “Mi porto dentro l’Italia del passato, quella che ancora sognava, un paese che lottava per la giustizia”, aggiunse ricordando che era “stato trattato come il mostro da sbattere in prima pagina”.

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