Cari populisti, ve ne faremo vedere delle belle!”, recita il manifesto lanciato dai fondatori delle “Sardine”, movimento nato apparentemente dal basso in Emilia Romagna per arginare la campagna elettorale di Matteo Salvini.
Il giorno dopo la sua nascita erano tutti lì la, avvoltoi e manovratori, ad applaudire una piazza in cui non si intravedevano bandiere di partito.
Ma bastano poche ricerche su internet, come hanno già fatto alcuni colleghi, per collocare questo movimento di protesta nel campo progressista.
In fondo in tempo di elezioni regionali, andare contro il leader della Lega, significa votare il Patito Democratico. Lo stesso Partito Democratico, incapace di elaborare una proposta politica, e che da ormai qualche anno utilizza due strategie politico-comunicative per sopravvivere: l’antifascismo e il ribellismo giovanile. Se da un lato alimenta la nevrosi collettiva del ritorno del fascismo con l’ascesa del sovranismo, dall’altro si nasconde dietro tutti quei movimenti apparentemente spontanei, ma profondamente conformisti, che vedono i giovani in prima linea.
Dai seguaci italiani di Greta Thunberg del “Friday for Future” al trentenne testimonial delle Sardine, passando per Carola Rackete, a tal punto da aver avanzato l’idea di concedere il diritto di voto ai sedicenni.
Tutti movimenti di protesta o di resistenza incensati a reti unificate da giornali e televisioni, e gestiti con la stessa identica forma estetica, tutta spontaneità, semplicità, ingenuità.
Treccine, rasta, riccioli, abbigliamento casual, magliette non stirate, sguardo fanciullesco, quasi disinteressato alla lente delle telecamere. Sembra realtà, invece è una forma raffinata e sottile di reality show.
Il vero ribelle esce dai boschi prima ancora che dalle piazze reali o virtuali.
Altrimenti non si spiegherebbe tutta questa sovra-esposizione mediatica per dei ragazzetti che si atteggiano da anti-eroi. È tutta una questione di spirito, di spazio e di tempo, nonché di recuperazione istituzionale di movimenti più o meno emersi all’interno della società civile.
Le sardine arrivano nel posto giusto (l’Emilia Romagna) al momento giusto (in campagna elettorale, con i sondaggi che vedono la Lega in forte crescita).
E come tutti i ribellismi nati in antitesi a qualcosa, verrà sedotto, assimilato e abbandonato al suo triste destino. L’anti-salvinismo infatti è la continuazione dell’anti-berlusconismo con altre forme espressive e nuovi protagonisti. La differenza sostanziale però è che Matteo Salvini ha fatto del marketing politico il suo manifesto attraverso una militarizzazione sistematica dei social network al punto che ogni critica diventa funzionale al suo sistema basato sulla polarizzazione del dibattito e di conseguenza dell’opinione pubblica.
C’è solo un modo per battere il leader della Lega: non combattere sul suo terreno comunicativo, smascherare il sovranismo di facciata e battersi ancora più radicalmente in difesa della sovranità. Insomma, tutto quello che non fanno i suoi oppositori.
Carola Rackete in prima serata da Fabio Fazio
La strategia giovanilista del campo progressista è una strategia perdente.
I giovani pur avendo un futuro davanti da costruire non hanno nessuna legittimità e autorevolezza. Non solo perché la maggior parte di loro vivono di rendita grazie ai risparmi dei genitori, ma soprattutto per assenza di esperienza e vissuto. Per rendersene conto basta vedere cosa producono la maggior parte degli artisti, cantanti, scrittori, comici, pittori, sotto i trent’anni: testi banali, pose conformiste, rappresentazioni prive di significati profondi. I giovani non vanno aiutati ma liberati, in primo luogo da loro stessi, e dalla loro condizione anagrafica. Provate a fare un parallelismo tra i Gilets Jaunes francesi e le sardine italiane. Da un lato abbiamo un movimento di protesta sotto-mediatizzato composto uomini e donne ultra quarantenni, portati all’esasperazione e arrivati in massa dalle periferie del Paese, dall’altro degli studenti universitari sovra-mediatizzati che manifestano contro un partito all’opposizione, mai affacciati al mondo del lavoro, con rivendicazioni intellettuali (contro l’odio e in difesa della creatività! Sic!) lontane anni luce dagli interessi delle classi popolari. Aveva ragione Leo Longanesi. “Ci salveranno le vecchie zie”.
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