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Il ‘NO’ in pillole #2 contro una brutta riforma

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Che fine hanno fatto i consiglieri provinciali? Da quando non ne sentite parlare? E soprattutto: chi di voi sa che nel 2014 ci sono state le elezioni di oltre sessanta province?

Le province continuano ad amministrare milioni di italiani. Eppure l’oggetto del dibattito politico odierno è incentrato, soltanto, sulla loro soppressione. Nessuno conosce più le loro attività amministrative: mutate dalla legge Delrio ma pur sempre incisive per la collettività amministrata.

Cosa è cambiato rispetto a prima?   

Ricordo le elezioni provinciali del 2005 e del 2010, quando i candidati alla presidenza delle Provincia di Crotone conquistavano i voti dei cittadini parlando di edilizia scolastica, parlando di rifacimento delle strade provinciali. Parlavano soltanto sì, ma la legittimità elettorale che ti conferisce il popolo attraverso elezioni dirette è assolutamente diversa da quella che ti conferiscono i partiti attraverso la elezioni di secondo livello. La legge Delrio, infatti, oltre a riformare le competenze delle province ha modificato la loro legge elettorale: i consiglieri provinciali e il Presidente della provincia vengono eletti dai consiglieri comunali dei rispettivi territori.

Quando ti eleggono indirettamente, il confine tra elezione e nomina è davvero sottile. E va da sé che se sei un nominato, senza legittimità popolare diretta, il popolo di provincia non ti conosce, e se il popolo non ti conosce ciò che fai fa meno rumore. I consiglieri provinciali devono rispondere ai cittadini solamente sulla carta. Nella sostanza rispondono esclusivamente a politici e dinamiche politiche che ne hanno determinato la nomina.

Cosa c’entra tutto questo con la seconda “pillola di referendum”?

Il sistema elettorale del senato è identico a quello delle province, seppure cambi l’ambito territoriale. Come i consiglieri provinciali sono nominati dai consiglieri comunali, i senatori della Repubblica saranno nominati dai consigli regionali. Senza legittimità popolare e senza la luce dei riflettori che, dal 2014 a oggi, ha cessato di illuminare le attività amministrative di oltre 60 province.

I consiglieri provinciali di oggi sono i senatori della Repubblica di domani. Nessuno ne parla più: eppure continuano a decidere.

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