È tempo di strenne. Come in ogni città anche noi a Caserta indossiamo la nostra faccia migliore e accendiamo un sorriso smagliante.
Sperando che duri almeno fino al 6 gennaio. Siam tutti più buoni, chi più, chi meno. Pronti a iniziare la farsa che si ripete ormai inesorabilmente e ininterrottamente da qualche secolo. Diciamo pure da un paio di millenni e poco più. Ma vediamo insieme la cronistoria di questa tragicommedia che ogni anno si fa largo nelle nostre vite, accendendole di lucine colorate infilate in ogni dove.
Già a ottobre nelle vetrine dei negozi le illuminazioni si sprecano, gli orsetti ti fanno l’occhiolino e i Babbi Natale si arrampicano manco fossero dei Reinhold Messner. Per andare dove, non si sa.
A novembre, quando iniziano ad apparire i primi pacchetti e alla cassa ti chiedono se vuoi una busta regalo per gli assorbenti interni che hai appena acquistato, tutto diventa surreale.
Adesso che siamo a dicembre, sei esausto e anche pensare di fuggire non ti conviene più.
Così fan tutti
In piazza Margherita c’è un albero con le sue palle ( che puntualmente alla base vengono estirpate e portate via) . Le bocce dorate e i fili luminosi avvinghiano strette strette fino alla cima dell’albero. Noi lì a guardare, a fare selfie. Di li ci passiamo tutti, veloci presi dalla frenesia dell’acquisto, immersi nella corsa al regalo più bello, sfiancati dagli aperitivi e dal capodanno all’ultimo minuto.
Pini magnifici, pini da sufficienza e pini miseri. Spelacchiati, chi più, chi meno. E noi stanchi e depressi, in giro per mercatini a comperarci l’ennesima saponetta bio e altri bere un Dom Perignon, il famoso champagne prodotto dalla Moët & Chandon a Épernay, natìo della regione Champagne-Ardenne, attraverso la carta gialla.
Così, intanto che nel nostro incedere lento avanziamo, alzando lo sguardo per ammirare le luci, inciampiamo rovinosamente in una buca, o un basolato disconnesso mentre un trenino gira con a bordo l’allegra famigliola natalizia. E allora lì, in quel preciso istante, con i nostri pacchettini a terra, le ginocchia sbucciate e un cerchio alla testa, ci chiediamo il perché di tutto questo. Perché ogni anno, puntualmente e inesorabilmente, ci sottoponiamo a questo supplizio. Il martirio di ogni maledettissimo Natale. Perché si deve e cosi fan tutti.
Omicida per caso
Ma non siamo solo invasi dagli alberi. In effetti i cori che intonano Jingle bells e Bianco Natale riecheggiano in ogni angolo, sfrantecandoci gli zebedei, tanto da far emergere in noi l’istinto omicida, assopitosi per le feste. Ma è Natale, siam tutti più buoni, e la nostra coscienza ha bisogno di una ripulita. Cosa c’è di meglio di una bella donazione fatta o promessa? Perché ora si possono fare anche le promesse. E se i peccati da assolvere sono veramente tanti e vuoi arrivare pulito e redento all’anno nuovo, nascondili in un sacco da cento e intanto che sorridi agli zampognari che ti spaccano i timpani con i loro suoni acuti e monocorde, osservandoti con una piva tanto, te ne liberi nella prima scarpata che incontri strada facendo. Et voilà. Su dai, domani è finita. E non dimentichiamo di volerci bene, almeno oggi. Tanto c’è di buono che dura poco e finisce subito.
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