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Senza fine, il Policlinico con vista cave a Caserta

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CASERTA — Questa storia inizia una mattina del 4 giugno 1991, marte­dì, giorno di San Quirino. Comincia con un documento ormai ingiallito dal tempo, il decreto con il cui il ministro dell’Università Antonio Ruberti istitui­va la Seconda università degli studi di Napoli (Sun).

E prosegue passando per quattro presidenti della Repubblica, set­te presidenti del consiglio, undici mini­stri dell’Università, tre rettori e cinque presidenti della Regione Campania, ol­tre a una moltitudine di sindaci, asses­sori, consiglieri, architetti, ingegneri, magistrati.

Tutti ne hanno scritto alme­no un capitolo. Nessuno, però, ha mai scritto la parola fine. Ché il policlinico universitario di Caserta, quello a cui pensava il ministro Antonio Ruberti quella mattina di diciott’anni fa come sede per ospitare la facoltà di Medicina e chirurgia, quel policlinico è un mirag­gio. Come un’oasi. E, come un’oasi, adesso deve fare i conti con sabbia e polvere trasportate dalle cave da cui di­sta appena trecento metri, e che rischia­no di rendere «insalubre» un posto che salubre, invece, dovrebbe esserlo per sua natura. Il progetto università È un ingegnere di Aversa l’uomo che decide di portare l’università a Caserta. Si chiama Antonio Ruberti, è iscritto al partito socialista italiano ed è il mini­stro dell’Università del settimo gover­no di Giulio Andreotti.

Il 4 giugno 1991, sulla Gazzetta ufficiale numero 129, viene pubblicato un decreto che ha firmato poco più di due mesi prima, il 25 marzo. L’intestazione è Istituzione della seconda Università di Napoli. E, all’articolo 1, recita così: «A decorrere dall’anno accademico 1992-1993 è isti­tuita la Seconda università di Napoli, la cui localizzazione è individuata sulla di­rettrice Caserta-Capua-Nola». L’8 ago­sto 1992, su un’altra Gazzetta ufficiale (la numero 186), verrà invece pubblica­to il decreto del presidente della Repub­blica Francesco Cossiga. È il documen­to che — all’articolo 1 — «alloca» la struttura universitaria di medicina a Ca­serta. La decisione conferma il via libe­ra che era già arrivato dal consiglio dei ministri il 24 aprile precedente. E che aveva scatenato furiose polemiche per la mancata «localizzazione» delle strut­ture ad Acerra. Il 26 aprile, in una duris­sima lettera pubblicata da tutti i quoti­diani, il vescovo di Acerra Antonio Ri­boldi attaccava così l’allora ministro del Bilancio Paolo Cirino Pomicino: «È l’ispiratore di questa decisione, perse­gue interessi personali».

Ma perché tut­to quest’interesse sulla scelta della città che doveva ospitare la facoltà di Medici­na e chirurgia della Sun? E che c’entra questa storia con quella di un ospedale mai costruito? C’entra, ché la decisione di «allocare» il corso di laurea a Caserta se ne tirava dietro una ancor più impor­tante: quella della costruzione del Poli­clinico universitario. E infatti, il 12 maggio 1995, un protocollo d’intesa per la «realizzazione in Caserta di un Policlinico a gestione diretta annesso alla facoltà di Medicina e chirurgia per approva la delibera numero 28, con la quale autorizza la «indizione di un concorso di progettazione» articolato in due fasi: una preliminare, l’altra defi­nitiva, cui accederanno i primi cinque classificati in quella preliminare. Biso­gna però attendere due anni, e cioè il 29 luglio 1997, prima che venga emes­so il decreto del rettore numero 2.391, atto con il quale viene indetta la gara per l’«affidamento dell’incarico di pro­gettazione definitiva ed esecutiva». La gara se l’aggiudica un raggruppamento d’imprese: la Pica Ciamarra e associati srl, la Itaca srl e la Ove Arup & part­ners ltd. Il 2 ottobre 2000, finalmente, viene indetta la conferenza dei servizi. E iniziano i problemi.

Il 17 novembre successivo il Consiglio superiore dei la­vori pubblici respinge il progetto del Policlinico perché «concettualmente ca­rente ». Il 2 dicembre, poi, la Regione rinvia al Comune di Caserta il progetto di variante dell’area circostante: «Man­ca l’approvazione del consiglio comu­nale sulle osservazioni presentate». Bi­sogna scorrere il calendario fino alla da­ta del 29 novembre 2001 perché il cda della Sun approvi il progetto definiti­vo. E non che sia finita qui, ché la valu­tazione d’impatto ambientale della Re­gione arriva solo il 26 giugno 2003, mentre per l’approvazione del progetto esecutivo da parte della giunta regiona­le ci sarà da attendere il 29 ottobre 2003. Il 17 febbraio 2004, quando sono trascorsi già nove anni dalla firma del primo protocollo d’intesa, il cda della Sun approva il bando di gara per l’ap­palto. I lavori vengono aggiudicati alla Immobilgi Federici Stirling spa. È il 2 le sue esigenze didattiche, assistenziali e di ricerca» viene sottoscritto dai rap­presentanti di ministero di Sanità e Uni­versità, Sun, Regione Campania, Pro­vincia e Comune di Caserta. È il via libe­ra ufficiale alla realizzazione del noso­comio. Nessuno sa però che ci vorran­no ancora dieci anni perché la prima pietra venga posata.

I primi intoppi Il 15 dicembre 1995 scende in cam­po la Sun. Il consiglio d’amministrazio­ne dicembre del 2004. I lavori devono ini­ziare dopo 27 giorni, il cronoprogram­ma prevede la consegna dell’opera in 1.461 giorni. Il 4 febbraio 2005, giorno della posa della prima pietra nel cantie­re di Tredici, l’allora assessore regiona­le alla Sanità Rosalba Tufano annuncia: «I lavori procederanno spediti, il Policli­nico sarà pronto il 28 dicembre 2008». Non sapeva, l’assessore, che non sareb­be andata così. La polvere e l’acqua Chi ha deciso di far costruire lì il nuovo Policlinico? E, soprattutto, chi ha deciso di non chiudere le due cave a trecento metri dall’ospedale? Chiun­que sia stato, oggi si ritrova con un pro­blema di non facile soluzione. La polve­re. Quella, in particolare, perduta dai camion che trasportano il materiale al­le cave attraversando la superstrada che — lì dove è sopraeleveta — passa proprio accanto al Policlinico. Ora, si sono mai visti ospedali (e pazienti) tra la polvere? Certo che no. E infatti, nel progetto, hanno dovuto prevedere un «muro d’acqua», che corre parallelo al­la superstrada e sulla cui sommità pas­sa un tubo da cui esce acqua nebulizza­ta. Insomma, come innaffiare un cam­po da tennis in terra rossa.

E, giusto per stare tranquilli, l’area destinata alle degenze è stata collocata in fondo: da­vanti c’è quella per la didattica, sor­montata da un tetto inclinato per evita­re che il vento porti la polvere fin den­tro le corsie. Tutto questo, ovviamen­te, lo si potrà vedere solo quando l’ospedale sarà realizzato. La dead line del 28 dicembre 2008, manco a dirlo, non è stata rispettata. E non lo sarà neppure quella del 29 dicembre 2009. Il 31 marzo scorso il cda della Sun ha rescisso il contratto d’appalto con la Immobilgi Federici Sterling spa: «Gra­vi e continue inadempienze». L’im­prenditore che stava costruendo il Poli­clinico, Mario Pagano, ora chiede 60 milioni di euro di risarcimento e spie­ga: «I ritardi nell’esecuzione dei lavori dovuti a problematiche esecutive». Il cantiere, intanto, è ancora lì. «Riparti­rà entro quattro mesi», annunciava il 7 aprile scorso il rettore della Sun France­sco Rossi. Che, in un’intervista rilascia­ta a Il Denaro, prometteva: «I tempi sa­ranno molto brevi». Peccato per quei molto lunghi quattordici anni….Kestè

 

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