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Caserta e il ruolo della munnezza in politica

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Se c’è un banco di prova capace di mettere in crisi un’amministrazione comunale, questo è senza dubbio la gestione dei rifiuti: la “monnezza”.

Ciclo, raccolta, gestione delle partecipate, gare d’appalto, isole ecologiche, riciclo, riuso … Decine, centinaia di città e amministrazioni comunali e regionali che vanno in crisi – e a volte in tribunale – per la difficoltà (incapacità?) di mettere in campo una visione innovatrice e attenta all’ambiente.  L’ultima della serie? CASERTA

Perennemente in emergenza. Non c’è nulla da fare: chiunque governa questa regione non riesce a trovare una via giusta per eliminare dubbi e incertezze sulla problematica dei rifiuti.

La nostra provincia continua a vivere eterni problemi sui rifiuti, che dipendono da una cattiva gestione della filiera, ovvero, mai costruita.

Ora si ferma una linea del termovalorizzatore di Acerra per motivi tecnici e subito tutto il sistema va in affanno. Immediatamente c’è un rallentamento nella raccolta dei rifiuti che crea notevoli disagi ai cittadini.

I disagi continuano, ma la munnezza continua ad aumentare e mai a diminuire a livelli del nord Italia.

Purtroppo il problema di pochi impianti in Campania è sempre oggetto delle campagne elettorali, ma poi nulla viene eseguito come promesso.

  Finché non si faranno altri impianti e si avvia il completamento dell’intera filiera dei rifiuti, i problemi sono e saranno sempre in agguato.

Chi paga sono i cittadini, che in questa regione pagano la munnezza a peso d’oro. Si arriva fino a mille euro l’anno, mentre al nord si paga 110 euro l’anno.

Una differenza enorme che evidenzia come la nostra regione è vittima di un sistema che non ha mai fine.

La lezione della “munnezza”

Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare. (Andy Warhol)

Il caso di Caserta non è isolato. Tornado indietro con la memoria, non si può non pensare alla Napoli di qualche anno fa e alla lezione che ha lasciato in eredità. Situazioni come queste sono figlie di una mancanza di visione e di “cultura” amministrativa.

Possiamo fare i bilanci più belli del mondo, annunciare le rivoluzioni più fantasmagoriche, ma se dietro tutto questo non c’è un’idea e un progetto di modernità difficilmente andremo da qualche parte.

La soluzione passa per un uso sapiente delle nuove tecnologie e per il confronto e la collaborazione con la città. Perché – alla fine della fiera – le tariffe, gli appalti, le aziende e i bilanci sono solo dei mezzi con cui un’amministrazione pubblica realizza ciò che davvero conta: il fine.

Fine che deve essere necessariamente condiviso con i singoli cittadini e con le forme aggregate (scuola, parrocchie, mondo dell’associazionismo, del lavoro e dell’impresa …).

C’è davvero bisogno di essere sommersi dalla munnezza prima di affrontare seriamente la questione?

 

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