Cannabis light, continuano i sequestri dei punti vendita. La rabbia dei gestori: “Ci vogliono rovinare”

Scoppia la guerra della ‘cannabis light’ all’indomani della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione. I gestori degli shop minacciano un’azione di class action. Ieri i Carabinieri a Caserta hanno sequestrato tre punti vendita e denunciato i titolari perché la merce esposta non rientrerebbe tra le varietà di cannabis contemplate dalla legge. A Reggio Calabria, Polizia,…

Scoppia la guerra della ‘cannabis light’ all’indomani della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione. I gestori degli shop minacciano un’azione di class action. Ieri i Carabinieri a Caserta hanno sequestrato tre punti vendita e denunciato i titolari perché la merce esposta non rientrerebbe tra le varietà di cannabis contemplate dalla legge. A Reggio Calabria, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno, invece, passato al setaccio 51 punti vendita. Le forze dell’ordine hanno raccolto 59 campioni di merce per verificare la quantità di principio attivo presente nei prodotti e l’eventuale effetto drogante. Proprio sull’assenza di qualunque effetto psicotropo mirano i titolari dei punti vendita che denunciano una battaglia ideologica sulla pelle di un intero settore.

“Ci vogliono mettere sul lastrico dall’oggi al domani e senza alcuna colpa – ha commentato Gioel Magini, titolare del Cannabis Amsterdam Store di Sanremo”. La chiusura dei cannabis shop per la lotta contro la droga equivale a “combattere l’alcolismo vietando la vendita delle birre analcoliche”, ha spiegato Magini che ha lanciato l’idea della class action. A dargli man forte le associazioni di categoria: da Confcanapa, che ha appoggiato la proposta, partirà anche una raccolta firme a tutela di un “comparto che ogni anno fa aprire tremila partite Iva”, ha dichiarato il presidente Paolo Molinari. Tra i gestori degli oltre 1300 store in tutta Italia c’è sconcerto e incredulità per la “speculazione politica” sui prodotti a base di canapa che, sottolineano i titolari, “non hanno effetti allucinogeni”. Si tratta di merce innocua, “Qui vengono donne a comprare l’olio per i dolori mestruali, sportivi per i prodotti antidolorifici”, ha raccontato Maurizio Gola titolare di una rivendita di Milano.

La decisione delle Sezioni Unite della Suprema Corte è l’ultimo atto di una stretta che risale a una direttiva del Ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha dato inizio ai maggiori controlli nella provincia calabra come in tutto il territorio italiano. Il timore comunque serpeggia tra gli addetti ai lavori, per il rischio di guai con la giustizia: alcuni hanno abbassato le saracinesche, altri hanno tolto dagli scaffali i prodotti a base di marijuana.

L’unico soddisfatto per il verdetto della Cassazione è Matteo Salvini. Il leader del Carroccio si è detto dispiaciuto per la perdita di posti di lavoro che spesa si possano convertire, ma pazienza: “c’è una sentenza e le sentenze di solito si rispettano”. Esultano anche il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, e Simone Pillon, senatore della Lega e vicepresidente della Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, per il quale “finalmente è stata fatta chiarezza e giustizia su una normativa promossa dal Pd che era lacunosa e volutamente ambigua” perché “la droga fa male, sempre”. Sulla stessa scia anche Mariastella Gelmini, presidente del gruppo Forza Italia, che ha invitato il comune di Milano a non ospitare più il festival internazionale della cannabis, contro cui i forzisti si sono già battuti a inizio maggio.

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