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Cioffi il giudice dei Cesaro lascia per “gravi ragioni di convenienza”

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CASERTA – Giuseppe Cioffi alla fine è stato costretto a fare dietrofront. Lascerà quel processo.

Il giudice dei Cesaro nel Tribunale di Aversa-Napoli Nord, che non disdegnava di coltivare relazioni con i big di Forza Italia o partecipare a riunioni e convention pubbliche di partito, testimoniate anche da fotografie apparse sui social, ha presentato istanza di astensione dal dibattimento che vede imputati per collusioni con la camorra i fratelli del plurinquisito deputato di Fi (oggi candidato al Senato da Berlusconi), Luigi Cesaro.

Una scelta diventata ineludibile, a tutela di tutti e soprattutto dell’immagine della magistratura.

“Non mi asterrò, non ricorrono i motivi”, aveva continuato a replicare il giudice Cioffi, fino all’altra sera. Ma dopo che testimonianze e nuove foto avevano contraddetto le sue versioni, Cioffi, presidente di collegio nel processo dove sono imputati Raffaele e Aniello Cesaro, ha consegnato la sua istanza.

Ora la valutazione passa alla presidente del Tribunale, Elisabetta Garzo, che stando alle indiscrezioni aveva auspicato questa soluzione. E che si prepara a provvedere con urgenza, in mattinata , stando a quanto risulta negli ambienti giudiziari .

Cioffi prova a resistere per quattro giorni. Poi è costretto a gettare la spugna. “Non voglio fare nessun braccio di  ferro, la mia vita e la mia carriera sono case di vetro. Ora naturalmente sulla mia istanza deciderà la dottoressa Garzo, presidente del tribunale di Napoli Nord. Non ho fatto nulla per cui dovessi astenermi, ma a questo punto il clamore sollevato dalla vicenda mi fa preferire un passo indietro. La campagna mediatica nazionale su questo caso può creare turbamento nei giovani colleghi che sono con me nel collegio. E lo faccio anche per lo scompiglio che si è venuto a creare nella mia famiglia”.

Cioffi spiega di aver presentato l’istanza di astensione ai sensi dell’articolo 36 comma 1 lettera H del codice di procedura penale, che prevede l’astensione per “gravi ragioni di convenienza”, rappresentate in tal caso dal clamore sollevato dalla vicenda. “Ma – ripete – nei miei comportamenti non c’è stato nulla di cui mi debba pentire. Nella presidenza del collegio di questo processo nessuno, e sottolineo nessuno, dei miei atti può aver manifestato un qualsiasi tipo di orientamento”

 

 

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