25 anni fa la camorra uccideva don Peppe Diana

Per amore del mio popolo non tacerò! Questo il pensiero di don Peppe Diana che mi ha colpito profondamente. Venticinque anni dopo il suo assassinio, purtroppo, ancora non si deve tacere, in nome di un popolo che continua a subire la tirannide delle mafie. Don Peppe non si è limitato a denunciare il male della…

Per amore del mio popolo non tacerò!

Questo il pensiero di don Peppe Diana che mi ha colpito profondamente.

Venticinque anni dopo il suo assassinio, purtroppo, ancora non si deve tacere, in nome di un popolo che continua a subire la tirannide delle mafie.

Don Peppe non si è limitato a denunciare il male della Camorra, ma ne ha messo in luce le basi e le possibili vie di guarigione con una forza e una lucidità uniche e rarissime in quel periodo in cui a Casal di Principe imperversava il feroce clan dei Casalesi.

Per quanto riguarda il nostro impegno, quotidianamente e fortemente, come associazione  ‘tentiamo’ affinchè le parole di don Peppe vengano trasformate  in azione, fare del suo messaggio il nostro dovere, la nostra credibile testimonianza in favore dei giovani.

Ho sempre pensato- afferma Ciro Guerriero – che da lassù in qualche modo ci guidi e ci aiuti ad educare i ragazzi a scegliere da che parte stare. Lui ci ha insegnato a non essere spettatori passivi ma artefici del nostro cammino seguendo le strade della verità e della giustizia.

Non dimenticare don Peppe significa non solo ricordarlo per quello che era, ma soprattutto testimoniare quotidianamente il suo sacrificio nel combattere a viso aperto la criminalità organizzata e la sua grande volontà di perseguire quella giustizia sociale totalmente assente nella sua comunità.

Lui amava visceralmente la propria terra e amava il suo popolo.  “E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi”.

Questo scriveva venticinque anni fa. Il suo monito era al tempo stesso una preghiera ad agire, per cui oggi non possiamo lamentarci se la politica è mediocre e impresentabile, perché la responsabilità più grande e più grave è proprio quella degli onesti e dei meritevoli che se ne lavano le mani e non si impegnano per cambiare le cose.

“Le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili”.

Questo ulteriore suo pensiero è un messaggio rivolto ai giovani che hanno bisogno di conoscere don Peppe per quello che ha fatto con semplicità e con grande determinazione. “Dove c’è mancanza di regole, di diritto, — scriveva don Peppe — si affermano il non diritto e la sopraffazione”. Quest’ultimo pensiero è un richiamo forte alla legalità come strumento efficace per contrapporsi alla cultura dell’illegalità mafiosa.

Per rispettare il suo nome nel venticinquesimo anniversario della sua morte proprio ai giovani lancio l’invito ad agire, a far sentire la propria voce, a partecipare alla vita culturale, politica e civile del nostro Paese.

Dare il buon esempio ai nostri giovani e stimolarli alla vita è la migliore delle risposte che possiamo dare per onorare la memoria di don Peppe Diana.

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