Si è tenuto a Caserta l’attesissimo congresso cittadino di Forza Italia, noto anche come la rimpatriata annuale del centrodestra con buffet e promesse riciclate. A calcare il palco, in qualità di ospite d’onore, Maurizio Gasparri: senatore, veterano della politica e aspirante cartomante istituzionale.
Tema principale: le elezioni regionali in Campania. Ma, come in ogni buona telenovela, “non è ancora il momento di svelare il protagonista”. «C’è tempo», ha dichiarato Gasparri, con la stessa serenità di chi rimanda la dieta a lunedì. Il motto? “Responsabilità e zero presunzione”, un modo elegante per dire che le idee scarseggiano, ma ci si arrangia col garbo.
A Caserta, nel frattempo, la situazione è talmente rosea che si vocifera un commissariamento lungo. Gasparri lo definisce un “momento amaro”, come un caffè senza zucchero, ma assicura che Forza Italia c’è — con un progetto politico “forte e radicato”, come una pianta di ficus in un ufficio pubblico.
Poi è arrivato il momento del salario minimo, argomento pericoloso da maneggiare senza guanti. Ma niente paura: Gasparri ribadisce la linea liberale del partito, quella dove lo stipendio lo decide il datore, col lavoratore che spera in Dio e nel miracolo del contratto nazionale. La sinistra? Troppo dirigista, secondo lui. «Con noi l’occupazione è cresciuta», dice. Soprattutto tra portaborse e consulenti amici.
Ma la vera stoccata finale arriva con Trump e i dazi. Gasparri, con tono da docente del Cepu, bacchetta l’ex presidente USA: «Scelta sbagliata e ottusa». Poi il consiglio spassionato: “Rileggi Reagan”. Un po’ come dire a un trapper di oggi di ispirarsi a Beethoven. E mentre Trump imposta dazi, Gasparri sogna esportazioni e confini aperti: libertà, commercio e mozzarella di bufala ovunque.
Conclusione? Forza Italia guarda avanti, anche se non si capisce ancora verso dove. Ma l’importante è esserci, con il microfono acceso, il sorriso pronto e il consueto “ci penseremo più avanti”. Caserta, intanto, aspetta. E si consola con un babà.
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