Sparatoria a Napoli, continuano le indagini. Grave la bambina ferita. Le prossime ore saranno decisive

Mamma e papà sono nella saletta della Rianimazione. Lei minuta, capelli castani sciolti sulle spalle, occhi gonfi e le dita serrate in un intreccio di disperazione. Lui, mingherlino e giubbotto nero, le è seduto affianco. Scuotono la testa, ma tacciono. Solo qualche sospiro. Si fanno forza a vicenda i genitori di N. che è pochi…

Mamma e papà sono nella saletta della Rianimazione. Lei minuta, capelli castani sciolti sulle spalle, occhi gonfi e le dita serrate in un intreccio di disperazione. Lui, mingherlino e giubbotto nero, le è seduto affianco. Scuotono la testa, ma tacciono. Solo qualche sospiro.

Si fanno forza a vicenda i genitori di N. che è pochi metri più in là. Intubata. E in prognosi riservata ma viva per miracolo. Solo per due, tre millimetri. E soltanto perché quel proiettile entrato dalla spalla destra, ha prima trafitto di striscio una vertebra e poi è andato a conficcarsi nel polmone sinistro. Sfiorando cuore e aorta.

Sarebbe bastato appunto qualche millimetro e la bimba sarebbe morta. In pochi secondi per emorragia massiva.Un quadro diagnostico svelato in pochissimo tempo da radiogarfia e Tac. Con il team congiunto dei chirurghi coordinati dal primario Giovanni Gaglione e dei rianimatori diretti da Massimo Cardone. Dopo un briefing durato mezz’ora, decidono di intervenire. E alle 20,37 N. vione portata al sesto piano, lì c’è la sala operatoria. Bisogna far presto. La bimba perde sangue. E bisogna averla vinta sulle emorragie e rimuovere il proiettile. Alle 22 e 30 N. è ancora sotto i ferri, ma gli specialisti sono cautamente ottimisti. “Forse ce la fa, forse l’abbiamo presa in tempo”, sussurrano a mezza voce. La situazione è delicata, meglio non sbilanciarsi. E poi c’è la consegna del silenzio. Fuori, l’inviato della tv e un nugolo di giornalisti. E anche un andirivieni di parenti che aspettano, chiedono notizie a ogni infermiere e a chiunque metta il naso fuori dal complesso operatorio.

Uno zio si lascia andare: “Assurdo. Eravamo a casa quando ci hanno telefonato per correre in ospedale. In questa città non si può più vivere: N. era con la nonna nei giardini di piazza Nazionale. L’aveva portata lì per farla giocare. E neanche in una situazione del genere, rilassata, si può stare tranquilli”. Ma se i parenti si chiudono in stretto riserbo, appellandosi alla privacy, c’è anche chi si sfoga.

E lancia un appello: “Sono un amico di famiglia, ma io posso permettermi di dirvelo. Adesso non ci dovete abbandonare. Questo dramma che stiamo vivendo va raccontato. Non si può permettere che una bimba diventi solo una vittima. Anzi, chiedo che quello che è accaduto abbia ampia risonanza. Tutti i media ci devono sostenere”. Intanto la lotta di N. per la vita continua lì al sesto piano, dove i medici stanno facendo di tutto per salvarle la vita. Anche quella vertebra raggiunta dal proiettile, fortunatamente non ha provocato lesioni midollari. Quindi non c’è il rischio come in un primo momento si era sospettato di una paralisi. Adesso, bisogna aspettare. Le prossime ore saranno decisive.

Mentre, continuano le indagini sulla sparatoria avvenuta , tra la folla. Forse l’ obbiettivo era il pregiudicato Salvatore Nurcaro, 32 anni, che è in fin di vita.

La dinamica della sparatoria, forse un agguato, non è ancora chiara. La polizia sta lavorando non solo per ricostruire quanto accaduto, ma anche i motivi. Nurcaro, un pregiudicato del quartiere San Giovanni, è crollato a terra, davanti alle vetrine di un bar, raggiunto da sei proiettili. Tracce di sangue sono state trovate sui tavolini del locale. L’uomo è stato portato in condizioni gravissime al “Loreto Mare” e poi trasferito all’Ospedale del Mare. La polizia sta cercando di ricostruire i collegamenti del pregiudicato. Molti i bossoli trovati a terra. Due si sono conficcati nello sportello e nel tettuccio di una macchina parcheggiata poco distante dal bar.

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